Dopo due uggiose giornate il sole fa capolino sopra i calanchi argillosi che dominano il Pala Milone. Lottatore magnogreco e campione olimpionico, sarebbe orgoglioso che il palazzetto che porta il suo nome sia il luogo dove oggi riposano in pace i 65 corpi di migranti, levantini come lui. Dopo le luci delle 2000 candele accese nella fiaccolata di lunedì, si aspetta l’apertura della camera ardente. È prevista per domani. «Silenzio e giustizia per le vittime del mare», è lo striscione vergato dalla tifoseria del Crotone Calcio e affisso all’entrata del palazzetto.

MA LA MEMORIA corre ancora alla sera prima. Migliaia di persone unite nel dolore e nella mestizia. Ma anche nell’indignazione. Primo tra tutti Mimmo Lucano che ha attaccato a testa bassa: «Quelle del ministro Piantedosi sono parole drammatiche e gravi. Come se le persone ci dessero fastidio. In Calabria c’è una legge regionale che prevede lo sviluppo delle aree interne tramite l’accoglienza dei rifugiati. Una legge che ha avuto riconoscimenti anche dall’Unhcr, ma che è rimasta lettera morta. Indicava una soluzione umana e rispettosa per chi è costretto a intraprendere lunghi viaggi per allontanarsi da condizioni di pericolo». Qualche ora dopo è toccato a Laura Boldrini alzare a Crotone il vessillo dello sdegno contro Piantedosi: «Dichiarazioni inqualificabili di un uomo che non ha dedicato un’ora del suo tempo ad ascoltare queste persone», ha detto l’ex presidente della Camera che poi ha contestato la linea del governo sull’immigrazione: «Dire che bisogna bloccare le partenza cosa vuol dire? Blindare Siria, Afghanistan, Siria, Libia, Egitto o Tunisia? Formule vuote di significati che nascondono la mancanza di strategia nell’affrontare i flussi».

A DUECENTO METRI dal Pala Milone, nel palazzo di Giustizia prosegue intanto l’attività di indagine della Procura della Repubblica, coordinata dal procuratore Giuseppe Capoccia. Dalle risultanze investigative emerge che sarebbe stato proprio il tratto di mare dove è avvenuta la tragedia, l’obiettivo degli scafisti. I naufraghi, infatti, hanno riferito di aver visto la carta nautica dei trafficanti sulla quale era indicata proprio la zona dell’incidente. Il loro obiettivo era arrivare di notte per spiaggiare l’imbarcazione e consentire ai migranti di scendere e allontanarsi. Una modalità usata decine di volte per gli sbarchi sulle coste joniche calabresi. Dai verbali degli inquirenti emerge uno scenario di terrore. «C’erano talmente tante persone ammassate nella stiva, almeno 150 migranti, che i due scafisti turchi che gestivano la folla ci facevano salire per respirare per poi farci scendere sotto la barca».

UN ALTRO SUPERSTITE ha raccontato agli inquirenti: «Iniziato il viaggio, dopo alcune ore la barca ha avuto un’avaria e l’equipaggio ha fatto arrivare una seconda imbarcazione sulla quale siamo stati fatti salire. Era guidata da un altro turco con un tatuaggio sullo zigomo e da un siriano. All’improvviso il motore ha iniziato a fare fumo, c’era tanto fumo e puzza di olio bruciato». «La gente nella stiva iniziava a soffocare e a salire su – ha riferito ancora un altro superstite – Ho fatto in tempo ad afferrare mio nipote e a salire in coperta dopo di che la barca si è spezzata e l’acqua ha iniziato a entrare. Quando sono salito nella stiva c’erano circa 120 persone tra donne e bambini. A quel punto ho visto che il siriano e due turchi hanno gonfiato un gommone e sono scappati. Non ho visto cosa ha fatto il turco con il tatuaggio sullo zigomo perché ho pensato a mettere in salvo mio nipote».

I quattro presunti scafisti sono tutti in stato di fermo nella casa circondariale di Crotone. Le ipotesi di reato sono omicidio e disastro colposi e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.