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L’invasione dell’ultradestra. Bolsonaro trionfa e fa paura

L’invasione dell’ultradestra. Bolsonaro trionfa e fa pauraLa disperazione di una sostenitrice di Fernando Haddad in una piazza di Salvador – Afp

Voto choc in Brasile Dai ranghi della dittatura militare alla netta vittoria nel primo turno delle presidenziali. Un programma tutto legge, ordine e riarmo della polizia e della popolazione che coincide con un coerente disprezzo della democrazia, e naturalmente dei comunisti. Chi è e da dove viene l'uomo che tra tre settimane potrebbe cancellare trent'anni di storia brasiliana

Pubblicato circa 6 anni faEdizione del 9 ottobre 2018

È un terremoto politico quello che scuote il Brasile, con la vittoria – grande ma non decisiva – dell’uomo della nuova ultradestra Jair Messias Bolsonaro, costretto al ballottaggio con il leader d’emergenza del Pt Fernando Haddad, e su tutto l’ombra del popolarissimo Lula chiuso nel carcere di Curitiba. Ma la prima scossa ha colpito quasi 50 anni fa.

È il 1970, nella piazza di Eldorado arriva una camionetta militare, poi un’altra, poi decine. Vanno a caccia di un mito della guerriglia, El Capitàn Carlos Lamarca. I genitori chiudono porte e finestre ma i ragazzini si eccitano. I soldati hanno armi lucide, divise mimetiche, jeep con mitragliatore, e tutti i giornali parlano del loro coraggio contro i «terroristi traditori comunisti» – chi non lo fa viene chiuso, il golpe militare ha quattro anni. Un 15enne resta stregato. È il terzo dei sei figli di un dentista abusivo e una casalinga, paulisti di nonni veneti e toscani, rimbalzati di bocca in bocca fino al Vale do Ribeiro, zona povera di Saõ Paulo dove ogni cavadenti vale oro. Il ragazzino si chiama Jair. Fra tre settimane potrebbe essere presidente del Brasile.

 

Jair Bolsonaro all’uscita dal seggio in cui ha votato

 

CARLOS LAMARCA SFUGGE, verrà massacrato l’anno dopo in una leggendaria fuga nella caatinga, la tremenda “foresta secca” del sertão. Ma il piccolo Jair Bolsonaro ormai è lanciato: due anni di prepa a Campinas, poi l’Academia Agulhas Negras fondata dalla dittatura, il servizio attivo. Le tre stellette da capitano arriveranno, ma sarà tutto: il giovane ufficiale è «troppo ansioso di avere successo nel mondo economico». Al tempo i soldi erano roba da latifondisti o calciatori, come l’altro Jair “freccia nera”, ala destra nera nella Grande Inter di Herrera (quella che Sarti, Burgnich, Facchetti…). Ma anche i militari dirigevano le aziende pubbliche del desarrollismo, e avevano tasche capienti.

Nel 1985 i militari cedono il potere e l’ormai trentenne Jair lo va a cercare. Bolsonaro e le stellette si separano male, con l’arresto per un articolo sedizioso che chiedeva aumenti e non purghe, e l’incredibile assoluzione per il tentativo di far esplodere edifici dell’esercito, contro i soliti bassi stipendi.

Costretto alla riserva, si iscrive al Partito democratico cristiano (Pdc). Sarà eletto consigliere a Rio e due anni dopo, nel 1990, deputato federale. Ritrovato il potere, lo segue ovunque: 8 partiti diversi in 26 anni da deputato: Ppr, Ppb, Ptb, Pfl, Pp (questi tre nel solo 2005), Psc e l’attuale Psl. Progetti di legge presentati: 171. Approvati: 2. Uno ogni 13 anni.

IN COMPENSO PARLA, incessantemente. E dal folklore carioca si costruisce un profilo di outsider senza peli sulla lingua. Meglio un figlio morto che omosessuale, deputata lei è così brutta che non si può neanche stuprarla, il bandito buono è il bandito morto, i quilombolas (discendenti degli schiavi fuggiaschi) non servono neanche come riproduttori, ho fatto quattro figli maschi e in un momento di debolezza anche una femmina, l’errore della dittatura è stato torturare e non uccidere…

Un programma tutto legge, ordine e riarmo della polizia e della popolazione coincide con un coerente disprezzo della democrazia, e naturalmente dei comunisti, quelli di oggi (il Pt colpito duro dagli scandali) e i guerriglieri di ieri. È l’avvocato di Bolsonaro ad assistere il Clube Militar nella causa – vinta – per togliere la pensione alla vedova di Carlos Lamarca. Ed è lui in persona a dedicare il suo voto contro la presidente Dilma all’uomo che la torturò, il colonnello Alberto Brilhante Ustra.

 

Un sostenitore di Jair Bolsonaro a Barra da Tijuca (Afp)

 

CORRUZIONE? Resta fuori dal Petrolão, per sua fortuna. Ma entra nel Lista de Furnas (finanziamento illecito e lavaggio di denaro di big dell’elettricità) o il caso Jbs-Carne Fraca (marcia, ndr), 200mila reais dal gigante della macellazione, una moglie segretaria assunta, promossa e strapagata dal congresso, generosi rimborsi a un’altra, i figli della terza tutti in politica con papà, la portaborse che non esiste ma qualcuno incassa il suo stipendio, l’inspiegabile arricchimento dopo il 2010 (immobili per milioni di reais e le due supercase di famiglia alla Barra de Tijuca, il quartiere degli straricchi di Rio).

Nel 2014 è il deputato più votato di Rio: ora ha un capitale. Momento perfetto: nel 2016 l’impeachment fa fuori Dilma, il suo successore Temer è un inguardabile corrotto salvato dal parlamento, Lula va in galera. In dieci mesi Bolsonaro prende un partito che aveva lo 0,2%, se ne impossessa agevolmente e gridando arruola l’intero establishment; la bancada ruralista dei latifondisti, le potenti sette evangeliche, i mercati con un un vero Chicago boy, l’economista turbo-capitalista Paulo Guedes, che gli scrive il semplice programma di economia, di cui Jair non sa molto: privatizzare, privatizzare, privatizzare. L’uomo dell’establishment, Geraldo Alckmin, viene letteralmente sbriciolato.

Ma questo Brasile fa paura. Bolsonaro non è un Trump del sud, somiglia più a un Pinochet del nord.

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