Hassan Cheikh Mohamoud è stato eletto domenica presidente della Somalia, ponendo fine a più di anno di tensioni. Dopo una vera maratona elettorale che ha visto coinvolti fino al terzo turno i deputati e i senatori – nel seggio all’interno dell’aeroporto di Mogadiscio presidiato da centinaia di militari – ha ottenuto 165 voti su 329 a suo favore, contro il capo di stato uscente Mohamed Abdullahi Mohamed, noto come “Farmajo”.

Il mandato di Farmajo era scaduto nel febbraio 2021, senza un accordo con i leader regionali sull’organizzazione di nuove elezioni. La proroga di due anni da parte dei parlamentari nell’aprile 2021 aveva acceso i combattimenti a Mogadiscio, facendo rivivere la memoria dei decenni di guerra civile che hanno devastato il paese dopo il 1991. Gli ultimi mesi sono stati anche caratterizzati da uno scontro al vertice tra Farmajo e il suo primo ministro, Mohamed Hussein Roble, incaricato di organizzare il voto.

Mai prima d’ora un presidente aveva ottenuto un secondo mandato e numerosi analisti avevano comunque previsto la scelta di una «figura con esperienza di governo» tra i 39 candidati in lizza, un numero record nella storia della Somalia.

L’elezione segue un complesso sistema indiretto, in cui assemblee statali e delegati di una miriade di clan scelgono i parlamentari che, a loro volta, nominano il presidente. «La politica somala è notoriamente difficile da prevedere – ha indicato Omar Mahmood, analista dell’International Crisis Group (Icg) – visto che è essenzialmente una questione di alleanze e relazioni piuttosto che di programmi. Qui è risultata cruciale l’esperienza politica dell’ex presidente».

Il primo mandato di Hassan Cheickh Mohamoud (2012-2017) è stato caratterizzato da alcuni progressi nella sicurezza contro gli al-Shabaab, gruppo affiliato ad al-Qaeda, che fino al 2011 erano riusciti a imporsi in gran parte del paese e nella capital. Il rilancio della lotta contro il gruppo jihadista sarà una delle maggiori sfide che il nuovo presidente dovrà raccogliere, dopo che, nell’ultimo anno, al-Shabaab ha ripreso la propria attività terroristica colpendo incessantemente obiettivi militari e civili, con «almeno 500 vittime nei primi mesi dell’anno», secondo quanto riporta l’Hiraal Institute specializzato in questioni di sicurezza nel paese.

Oltre a «combattere con tutti i mezzi i gruppi jihadisti», tra le promesse elettorali di Mohamoud c’è quella di «ristabilire le relazioni tra il governo centrale somalo e gli altri stati federali», di «lottare contro la povertà» in un paese dove oltre l’80% della popolazione vive con meno di un dollaro al giorno e di «voler evitare una nuova catastrofe causata dall’attuale siccità» (nel 2011 furono oltre 260mila le vittime).

Numerosi i messaggi di congratulazioni da parte della comunità internazionale. Il capo della diplomazia europea, Josep Borrell, ha invitato «il nuovo presidente a lavorare sulla riconciliazione e sulla pacificazione in tutto il paese», garantendo il pieno sostegno economico dell’Ue.