L’ex governatore della Liguria, Giovanni Toti, voleva provare a sparigliare le carte, ricandidandosi nella sua lista civica (che intanto ha cambiato nome, cancellando la parola ‘presidente’) per contare amici e nemici e imporre quel che avanza del suo peso politico ma anche questa mossa è stata accantonata. Secondo il suo avvocato Stefano Savi, che ieri ha presentato l’istanza di revoca degli arresti domiciliari, si è trattato di «notizie destituite di fondamento». «Toti non sarà candidato, men che meno in tutti i collegi della regione», ribadisce Savi.

Le dimissione di venerdì scorso hanno messo, intanto, il centrodestra in condizioni di parlare apertamente di candidature. Al netto delle critiche all’operato della magistratura, accusata di «ricatto» da alcuni membri della maggioranza (e a cui ieri ha risposto Giuseppe Santalucia, presidente dell’Anm dicendosi «sorpreso dall’uso molto disinvolto di termini assolutamente gravi»), il centrodestra sembra aver abbandonato al suo destino l’ex presidente, accusato di corruzione. E valuta una possibile sconfitta in Liguria in termini nazionali: inaccettabile un altro cappotto elettorale alle regionali d’autunno. Ma nessuno dei big vuole metterci la faccia nella competizione e così si fa sempre più impellente la ricerca di un candidato civico.

L’ex ministro forzista Claudio Scajola, ora sindaco di Imperia, si è defilato e invita il leghista Rixi a fare lo stesso: «È persona di valore ma credo che in questo momento sarebbe più utile alla causa individuare persone al di fuori dello stretto giro dei partiti». Anche il vicepremier Antonio Tajani è netto: «È preferibile un candidato civico». Ma neppure questo sembra facile e le ipotesi su cui pare abbiano ragionato in questi giorni, tra Genova e Roma, non sembrano concretizzarsi. Dopo il no del rettore dell’Università di Genova, Federico Delfino, anche il presidente dell’Ordine dei medici di Genova, Alessandro Bonsignore, ieri si è chiamato fuori attraverso una lettera aperta.

Ha problemi però anche il centrosinistra, che pure da mesi ha un candidato in pectore, Andrea Orlando, e progetti di campo larghissimo. Ma largo fino a che punto? È lo stesso ex ministro dem della giustizia e del lavoro ieri a mettere in chiaro che «la precondizione dev’essere la volontà di rompere con il sistema Toti-Bucci e impedire la paralisi della Regione». Il riferimento è a Matteo Renzi e alla sua ambizione di rientrare a sinistra ma stando sempre con i piedi in diverse staffe e che, come ricorda Orlando, «nel caso ligure ha espresso un giudizio non proprio lusinghiero sulla eventualità di una mia candidatura».

Italia Viva a Genova sostiene il sindaco di centrodestra Bucci (vicino a Toti) ed esprime anche un assessore. Non è solo una questione di opportunità: «È necessario fare un approfondimento, ove mai ci fosse in campo la mia candidatura – ha chiarito l’esponente del Pd -. Importante, ancor più in Liguria, è una verifica su alcuni punti, perché non si può fare e disfare una coalizione sulla base di un’intervista».

A stretto giro è arrivata perentoria la dichiarazione della renziana Raffaella Paita, coordinatrice nazionale di Iv: «La Liguria è un territorio complesso, se non c’è un centro riformista, con un occhio al civismo, non si vince». Orlando ieri ha ribadito alla segretaria del suo partito, Elly Schlein, con la quale ha avuto un lungo incontro a Montecitorio, quel che aveva dichiarato in mattina: «È urgente che la coalizione definisca l’ingaggio programmatico e qual è la figura più idonea a rappresentare la piattaforma sulla quale si vuole costruire l’alternativa» al centrodestra ligure.

Sul suo nome converge sia l’ala sinistra dei dem, attraverso Goffredo Bettini, che lo definisce «combattente coriaceo e competente», che la minoranza del partito guidata da Stefano Bonaccini che parla di «proposta di grande valore». Ma specifica: «L’importante è che si arrivi a una figura in grado di unire tutto il centrosinistra, così come abbiamo fatto in Emilia-Romagna e Umbria».

Il Pd ha anticipato a prima della chiusura delle Camere la riunione del tavolo di colazione al cui sarà demandata «ogni valutazione: prima il programma, le priorità per la Liguria e solo dopo si arriverà al nome del candidato presidente».