Il Fondo Monetario Internazionale ieri ha chiesto all’Unione Europea di creare un nuovo «Recovery Fund» per affrontare le nuove emergenze nel giorno in cui Mosca ha chiuso i rubinetti del gasdotto Nord Stream come atto di ritorsione contro le sanzioni europee, mentre il prezzo del gas è aumentato del 14,6% a Amsterdam e l’euro è sprofondato ai minimi da vent’anni a questa parte rispetto al dollaro. Il fondo dovrebbe avere una porta più ampia di un «Energy fund» di cui si discute in queste settimane per tamponare i prezzi del gas aumentati principalmente per le speculazioni di stati e del mercato. Si tratterebbe di un fondo per finanziare politiche anticicliche ritenute necessarie in vista della recessione ormai quasi certa, effetto del combinato disposto tra gli aumenti dei tassi di interessi della Bce, il blocco delle catene del valore, la fiammata inflazionistica e la ritorsione di Putin.

La proposta è stata inserita in un documento pubblicato in vista dell’annunciata riforma del patto «di stabilità e crescita» sospeso dal 2020. La riforma delle regole di gestione dei bilanci pubblici chiesta dall’Fmi manterrebbe i tetti del 3 per cento di disavanzo e del 60 per cento di debito, già da tempo contestati. Tuttavia aprirebbe a una gestione più flessibile e pluriennale da parte degli Stati alla luce delle congiunture. Di fatto, sarebbe l’ufficializzazione dei criteri seguiti dalla Commissione Europea già dalla crisi del 2007-8 e trattati con le singole maggioranze di governo, com’è stato evidente anche in Italia, paese tra i più vulnerabili ed esposti anche alla crisi in corso. Si prevede, inoltre, l’istituzione di un organismi chiamati «Consigli di bilancio europeo indipendenti» che «avrebbero un ruolo molto più importante per rafforzare i controlli e gli equilibri a livello nazionale». Da quello che si comprende oggi, insieme alle nuove regole previste dallo «scudo anti-spread» della Bce, sarebbe un ulteriore livello di controllo e governance che sorveglierebbe di più l’azione dei governi. La sollecitazione dell’Fmi aumenta il tasso di drammaticità del momento politico che l’Unione Europea, e la sua costituzione politica neoliberale, stanno vivendo in questi mesi. La riforma del quadro di bilancio, entro il 2023, non andrebbe rinviata ulteriormente. «Ulteriori ritardi forzerebbero gli Stati a tornare alle vecchie regole con tutti i loro problemi» dice l’Fmi. Resta da capire quali saranno i prossimi.

Dopodomani, giovedì, alla contraddizione che sta vivendo l’Europa sul gas – colpire la Russia con le sanzioni per evitare di finanziare la sua guerra in Ucraina e dunque colpire le proprie popolazioni con il caro energia – se ne potrebbe aggiungere un’altra. La Bce potrebbe infatti decidere un nuovo rialzo dei tassi di interesse di altri 50 o 75 punti base per «raffreddare l’economia» e bloccare l’aumento dell’inflazione: 9,1% ad agosto nell’Eurozona, ben al di sopra del tasso del 2% fissato dalla Bce. Così facendo però potrebbe aumentare la velocità con la quale le economie europee stanno andando verso la recessione. Il che vuole dire: aumento dei costi, calo del potere di acquisto di salari già impoveriti in Italia da tempo, più precariato e disoccupazione. A questo si aggiunga, come già detto, la discesa ai minimi dell’euro sul dollari: lo 0,99.

A Francoforte volano i falchi, come si dice in questi casi. La loro logica è un enigma della scienza economica, che non è solo triste ma anche paradossale. In un discorso al summit delle banche centrali di Jackson Hole Isabel Schnabel, uno dei membri del board della Bce, ha detto di temere la perdita di fiducia dell’opinione pubblica nelle banche centrali. Per questa ragione ha chiesto di frenare l’inflazione a costo di trascinare l’economia in una recessione. C’è qualcosa che non funziona, Monsieur le Capital.