Oggi Emmanuel Macron è in Israele. Incontra il primo ministro Netanyahu, il presidente Herzog, il ministro Benny Gantz, Yair Lapid all’opposizione, e punta ad avere contatti con l’Autorità palestinese, la Giordania, l’Egitto, i paesi del Golfo. La Francia assicura «piena solidarietà» a Israele dopo l’attacco terroristico di Hamas e spera in primo luogo che ci sia una soluzione per gli ostaggi, lavorando con i paesi che «possono avere influenza su Hamas», afferma l’Eliseo.

Parigi chiede una «tregua umanitaria» per arrivare a «un cessate il fuoco» ed evitare che «i civili di Gaza siano troppo esposti». L’obiettivo è permettere di «aprire prospettive politiche»: una soluzione a due stati, entrambi in sicurezza. Inoltre, la Francia alla riunione del Consiglio di sicurezza dell’Onu di oggi si impegna a lavorare per un rilancio della ripresa del processo di pace, garantendo la sicurezza di Israele: l’Eliseo ricorda che Parigi ha votato a favore della risoluzione del Brasile sul conflitto (contro la quale gli Usa hanno posto il veto), che condannava Hamas, chiedeva una pausa umanitaria e proponeva un dialogo politico. E ha invece votato contro la risoluzione russa, perché mancava la condanna di Hamas.

Il viaggio di Macron segue quello di altri leader europei in Israele. Anche se tutti sperano di evitare l’escalation e insistono sulla soluzione a due stati, la Ue ha difficoltà a parlare con una sola voce. Ci sono stati momenti di confusione, la presidente della Commissione, Ursula von dei Leyen, ha preso l’iniziativa di accompagnare la presidente dell’Europarlamento, Roberta Metsola, e ha espresso soprattutto solidarietà a Israele dopo l’attacco terroristico. Molti paesi, Francia, Irlanda, Spagna in particolare, hanno criticato l’assenza di empatia per il dramma dei palestinesi di Gaza (c’è stata anche una lettera di protesta di funzionari della Commissione).

Ieri, il capo della diplomazia europea, Josep Borrell, si è espresso prima della riunione dei ministri degli Esteri Ue a Lussemburgo per «più aiuti, più rapidamente» a Gaza. «Penso che una pausa umanitaria sia necessaria per permettere la distribuzione degli aiuti umanitari», ha sottolineato Borrell.

Alla riunione dei ministri degli Esteri a Lussemburgo, i 27 hanno ribadito l’obiettivo della soluzione dei due stati, in sicurezza. Il minimo denominatore comune della Ue, dove esistono forti differenze nelle posizioni, è di avere almeno nell’immediato una pausa umanitaria, per salvare gli ostaggi ed evitare una punizione generalizzata della popolazione di Gaza.

Alla riunione dei ministri degli Esteri Ue, dopo la guerra in Medioriente, il secondo argomento è stata la guerra russa in Ucraina, passata in secondo piano. Anche su questo fronte, le difficoltà si accumulano per la Ue: l’Ungheria frena sull’ultima tranche di sanzioni contro mosca e contesta l’utilizzazione della European Peace Facility per finanziare l’armamento e ulteriori aiuti all’Ucraina (20 miliardi promessi). Inoltre Budapest vuole aumentare le importazioni di gas dalla Russia, contro le decisioni Ue. La stretta di mano tra Orbán e Putin la scorsa settimana ha profondamente irritato i partner. I 27 sono preoccupati, tanto più che l’Ungheria prenderà la presidenza del Consiglio Ue a luglio 2024, appena dopo le elezioni europee.

Difficoltà europee anche sul fronte del conflitto tra Armenia e Azerbaijan: la Ue è stata esclusa dalla mediazione dell’Iran (con Russia e Turchia), malgrado i recenti sforzi diplomatici del presidente del Consiglio, Charles Michel, e i finanziamenti di Bruxelles.