Non può essere solo l’Italia a farsi carico dell’addestramento della Guardia costiera libica. Anzi l’Italia non deve proprio farlo. Istruire ed equipaggiare le milizie che intercettano i barconi nel Mediterraneo è un compito che spetta all’Europa, così come più in generale deve essere europea la gestione dei flussi migratori.

Ad affermarlo è Enrico Letta alla vigilia del voto sulla delibera missioni internazionali previsto per domani alla Camera. Il segretario del Pd prova così a smorzare il dissenso crescente nel suo partito per la cosiddetta «Scheda 48», dove è previsto uno stanziamento di 10,5 milioni di euro, mezzo milione in più rispetto al 2020, per finanziare l’addestramento dei guardacoste libici e la manutenzione dei mezzi navali di Tripoli. Dissenso cresciuto ulteriormente dopo le immagini diffuse dalla ong SeaWatch della motovedetta che insegue e spara in acque internazionali contro un barca con una quarantina di migranti a bordo. «Che c’entriamo noi con quella missione?» ha chiesto, ad esempio, l’ex capogruppo Graziano Delrio durante una riunione che la scorsa settimana si è tenuta tra i deputati dem.

L’idea che circola nel Pd da quando Letta è segretario è che dall’emergenza migranti si esce solo trasformandola in una questione che riguarda tutti gli Stati membri dell’Ue. «In otto anni, da quando è finita la missione Mare nostrum voluta proprio da Letta, non è cambiato nulla, la cooperazione tra gli Stati non si è sbloccata e intanto nel Mediterraneo sono morte migliaia e miglia di persone», spiegano al Nazareno. Quindi, occorre puntare sui corridoi umanitari, modificare il regolamento di Dublino ed estendere il mandato della missione europea Irini affidandole anche operazioni di search and rescue, ricerca e soccorso dei migranti. Corridoi umanitari al parte, il resto sono cose che, per la verità, Bruxelles ha già fatto capire da tempo di non avere alcuna intenzione di fare. Al punto che nonostante l’indiscusso prestigio internazionale, perfino Mario Draghi ha dovuto prendere atto delle rigidità presenti nell’Unione sull’argomento.

Anche il rapporto con la cosiddetta Guardia costiera libica fa parte dei compiti di cui per il Pd l’Ue dovrebbe farsi carico. E in parte già lo fa, visto che fa rientra tra i nuovi compiti assegnati alla missione Irini. La proposta di modifica è comunque inserita in un emendamento alla «Scheda 48» presentato ieri alla Camera a firma dei deputati dem Enrico Borghi e Lia Quartapelle.

Al momento, però, la proposta avanzata dal segretario non convince chi nel partito chiede da tempo di interrompere ogni rapporto con la Marina di Tripoli. «Stiamo alla sostanza delle cose», spiega il dem Matteo Orfini. «Il problema non è chi addestrata i libici, se l’Italia o l’Europa. Il problema è che la cosiddetta guardia costiera libica compie sistematicamente atti criminali. Tortura, stupra, uccide. Collaborare con la cosiddetta guardia costiera libica significa divenire corresponsabili di quei crimini. Poco cambia se chiediamo di farlo all’Europa. Anzi, non cambia nulla. Quindi non possono chiederci di votare a favore della missione». L’anno scorso otto deputati dem si espressero contro la delibera, mentre il resto del partito votò a favore. Quest’anno i deputati dem dissidenti potrebbero essere di più.

Quello del Pd no è comunque l’unico emendamento che chiede di non supportare più la Guardia costiera libica. Ieri in un’assemblea alla quale hanno partecipato associazioni e ong insieme, tra gli altri, ai deputati Riccardo Magi (+Europa), Erasmo Palazzotto (LeU), Laura Boldrini e Fausto Raciti (Pd) e ai senatori del Misto Gregorio De Falco e Paola Nugnes è stato chiesto di condizionare alcune azioni a una serie di obiettivi. Tra questi la chiusura dei centri di detenzione, il rispetto dei diritti umani e le operazioni d salvataggio in mare. «Non è accettabile che il nostro Paese continui a sostenere con risorse economiche e logistiche quella che a tutti gli effetti è un’attività criminale», ha spiegato Magi. «Far finta di no vedere la brutalità delle violenze esercitate sui uomini, donne e bambini continuando a supportare le operazioni di respingimento verso luoghi di tortura – ha affermato invece Palazzotto – equivale ad assumersi una parte di responsabilità»