Enrico Letta, segretario del Pd. Oltre due mesi di guerra e nessun segnale verso una tregua.

Usciamo da una settimana terribile: il primo forte tentativo verso una tregua, quello del segretario generale dell’Onu Guterres, è finito male, con il bombardamento su Kiev proprio mentre lui incontrava Zelensky. Una umiliazione delle Nazioni Unite che dimostra l’evidente indisponibilità della Russia a fare passi avanti. Ci avevo sperato molto, l’esito è drammatico e sconfortante: se si arriva a umiliare persino l’Onu davvero mi chiedo come se ne potrà uscire.

L’atteggiamento di Usa e Regno Unito non aiuta…

La narrazione del premier britannico Johnson, con l’evocazione di un attacco sul suolo russo, è totalmente fuori fuoco. Parole fuorvianti che hanno effetti negativi anche sulle opinioni pubbliche.

Gli Usa stanziano 20 miliardi per nuove armi da inviare in Ucraina.

Non c’è dubbio che questa decisione contenga un messaggio di sfiducia su una fine rapida del conflitto.

Italia e Ue possono proporre soluzioni alternative?

L’Ue deve restare unita, ogni divisione è un regalo a Putine alla sua guerra folle. In questi due mesi abbiamo reagito bene, ma oggi l’Europa deve assumere una leadership.

A Ramstein non è sembrato.

A Ramstein si è espressa una leadership americana. Per questo dico che dobbiamo cambiare passo. E ho lanciato l’idea di una Confederazione con altri 9 paesi che hanno chiesto di aderire all’Ue, compresa l’Ucraina. Sarebbe un modo per sgombrare dal campo le ipotesi di adesione di Kiev alla Nato. E anche per controbilanciare i tempi troppo lunghi di adesione alla Ue. Faremmo subito sentire gli ucraini parte della nostra famiglia, un messaggio chiaro, anche alla Russia, di un nuovo ordine europeo. Un primo passo verso quella Helsinki 2 di cui ha parlato Mattarella a Strasburgo.

Ritiene ancora utile mandare armi in Ucraina, o stiamo alimentando l’escalation?

Credo che la necessità di aiutarli a difendersi e a non morire resti intatta. Il contrario di quanto fatto dai Caschi blu nel 1995 a Srebrenica.

Non le è sorto qualche dubbio?

Siamo tutti pieni di dubbi sulla strada da percorrere. Chi non ne ha non scende in profondità forse. È superficiale. Spero che al più presto i 5 leader di Italia, Francia, Spagna, Germania e Polonia vadano insieme a Kiev: sarebbe un messaggio fortissimo. Come dice sempre Prodi se i grandi paesi europei non si muovono insieme in politica estera l’Ue è afona.

Il Parlamento deve pronunciarsi suo nuovo invio di armi da parte dell’Italia?

Nessun problema a fare un nuovo dibattito parlamentare, ribadiremo le nostre ragioni senza alcun timore. Ma il punto è che mi fido del governo, e in particolare di Draghi e dei ministri Guerini e Di Maio.

Conte vuole un nuovo passaggio formale in aula.

Credo che anche Conte dovrebbe sentirsi garantito dal governo che sta gestendo con equilibrio e solidità la situazione.

C’è una distinzione tra armi difensive e offensive?

Dobbiamo ribadire che le armi che inviamo servono per la difesa di un paese aggredito, non certo per attaccare il territorio russo. Questo mi pare il vero nodo politico.

C’è un forte disagio del mondo pacifista, anche nel Pd.

Un disagio traversale a tutti i campi politici, anche dentro la destra. Attraversa le coscienze, anche la mia. E credo riguardi anche Draghi e Mattarella. Non si tratta di decisioni facili. Ma va dato atto che finora i leader europei hanno saputo dire parole misurate, utili per evitare una escalation.

Un’Europa unita solo sulle armi, incapace di azione diplomatica.

Non sono d’accordo. Macron durante la campagna elettorale è stato molto criticato in Francia per i suoi ripetuti colloqui con Putin. In quel momento parlava come presidente del Consiglio europeo, a nome di tutti noi. A me pare che l’Ue sia in prima fila sul fronte diplomatico, che stia tentando tutte le strade.

L’ipotesi di uno stop all’importazione di gas russo è ancora sul tavolo?

Credo che ci si arriverà, è solo questione di tempo. Più la guerra va avanti più è probabile che si adotti questa decisione.

Per l’Italia un problema enorme.

Per questo ritengo che dobbiamo mettere in campo un piano di risparmio energetico per i prossimi mesi. Non basta abbassare i condizionatori, se dall’autunno vogliamo consumare un quarto di energia in meno serve una terapia d’urto che passa dalle ristrutturazioni edilizie e da una rapida transizione verso l’elettrico.

Rischiamo la recessione, un’altra fetta del ceto medio scivola verso la povertà.

Serve un piano choc sull’economia da 15 miliardi, che deve essere finanziato a partire dalla tassazione degli extraprofitti delle aziende petrolifere e anche con uno scostamento di bilancio. Bisogna aiutare le famiglie e sostenere i salari. Noi proponiamo subito un assegno energetico per le famiglie e le piccole e medie imprese, misure forti sul costo dei biglietti e degli abbonamenti al trasporto pubblico.

Confindustria ha parlato di «ricatto» quando il ministro del Lavoro Orlando ha proposto di legare i contributi alle imprese al rinnovo dei contratti.

Un atteggiamento sbagliato. Capisco le difficoltà delle imprese, è giusto aiutarle sull’energia e sul costo del lavoro, favorendo le assunzioni. Ma in questa fase bisogna abbassare i toni. E io difendo il lavoro di Orlando. Così come ritengo che occorre ridurre la precarietà, a partire dai primi impieghi dei giovani: per noi le priorità sono dare stabilità e ridurre la povertà di chi lavora.

Anche modificando il Jobs Act?

Entreremo nel dettaglio in un confronto con le parti sociali, e affrontando il tema dei contratti: tutta la materia del lavoro richiede un aggiornamento, a partire dal tema dei giovani.

Questo sarà un altro 1 maggio difficile per il lavoro.

A Palermo ho appena incontrato i lavoratori di Almaviva: ci saranno in tutto 543 licenziamenti. E si parte proprio dal 1 maggio. Ita li sta trattando in modo intollerabile, bisogna reagire e cambiare le cose. Il lavoro è la nostra grande priorità e lo sarà ancora di più nella prossima legislatura. Se vinceremo vogliamo trasformare l’Italia da questo punto di vista. Ma già nei prossimi mesi si possono dare segnali

Che lezione arriva dal risultato di Mélenchon in Francia?

Il voto che ha intercettato tra i dei giovani ci dice che difesa dell’ambiente e lotta alla precarietà sono le due grandi questioni che dobbiamo affrontare se vogliamo parlare a queste generazioni. Propongo di sbloccare subito le autorizzazioni per le rinnovabili perché è proprio accelerando sulla transizione ecologica che rendiamo più sicuro il nostro Paese dal punto di vista energetico. Con i ragazzi che incontro prendo questo impegno.

Lei rivendica lealtà a Draghi. Rischiate di fare come con Monti nel 2013, quando il voto di protesta è andato altrove?

Nel 2013 finì così anche perché l’Europa a trazione tedesca ci trattò come la Grecia con scelte di austerità che si sono rivelate fallimentari. Ora l’Europa è cambiata. La lezione di quella crisi tra il 2010 e il 2012 è stata metabolizzata.

Il suo alleato Conte dice che il Pd ha «pretese egemoniche» nel centrosinistra.

Il mio Pd è ecumenico, altro che egemonico. Passo tutto il tempo a buttare acqua sul fuoco e a tessere un filo per tenere insieme un ampio fronte progressista.

Renzi alle comunali di Palermo si allea con Meloni. A Genova anche con Salvini.

Mi sento di essere molto critico: qui non si parla di polo di centro, ma di schierarsi con la destra. Mi pare davvero eccessivo e contraddittorio.

Così Iv si mette fuori dal vostro perimetro di alleanze?

Diciamo che queste scelte rendono i rapporti ancora più complicati in vista delle politiche.

Molti attribuiscono a lei un feeling con Meloni.

Siamo radicalmente alternativi a FdI. La convention di Milano lo ha confermato in pieno. Ho sentito parole sulla gestione del Covid simili a quelle di Bolsonaro e Trump. Libertà sottratta ai cittadini? Questi sono i discorsi dell’individualismo menefreghista. Il governo ha difeso la salute e la libertà dei cittadini. E poi come si fa a definire il saluto romano «antistorico»? Vuol dire che in un’altra fase storica andava bene? Siamo sempre lì, alla solita ambiguità sul passato.

Lei ha appena commemorato il comunista Pio La Torre.

Ci ha lasciato tante lezioni preziose. Una di questa è la politica come strumento di riscatto dei più deboli.