Se si voleva far sfigurare le donne, al festival di Sanremo possono dire: «Missione compiuta». Gli autori non l’hanno fatto apposta, non c’è stata sottile perfidia, gli è bastato essere spontanei e invitare come ospiti della quarta serata la giornalista Barbara Palombelli e la direttrice d’orchestra Beatrice Venezi che, più che aiutare le proprie consessuali, le hanno fulminate con banalità e pensieri molto apprezzati dai sostenitori del patriarcato (vedi Pillon). Palombelli si è esibita in un monologo infarcito di educativi dati autobiografici di cui l’Italia era in ansiosa attesa: «Sono figlia dei Beatles e dei Rolling Stone», «Mio padre mi voleva come Gigliola Cinquetti di Non ho l’età, ma io ascoltavo di nascosto De André», «Ero ribelle, guidavo moto e macchine senza patente e a tredici anni e mi sono sfracellata».

UNO DEI PIU’ ELEGANTI commenti sui social è stato: «L’estate prossima avranno molto di cui parlare a Capalbio». Ha poi esaltato le tradizionali missioni femminili con un: «Le donne hanno il compito di tenere insieme il Paese, aiutano i figli con il tablet, tengono le famiglie tranquille, accudiscono i parenti». Da brave, fate le ancelle votate al lavoro di cura. Ha toccato vette di analisi storico-politica quando ha detto: «Erano gli anni Sessanta e noi ragazzi cercavamo emozioni. Qui Luigi Tenco, giocando con una pistola, ha trovato la morte». Palombelli, veramente ci fu una rivoluzione generazionale e Tenco più che giocare con la pistola si è proprio suicidato.
Mirabile, poi, la lezione alle ragazze di oggi con quel «I diritti voi giovani li avete trovati già fatti, ora tocca a voi difenderli». Già, le generazioni di oggi navigano nel benessere di un lavoro sicuro e ben pagato. Da un pulpito così è poi facile scivolare verso il: «Ribellatevi, studiate fino alle lacrime, siate donne forti e vere» Le vedo, le giovani italiane ascoltare il monologo di Palombelli e dire ispirate: «Ora so cosa voglio fare nella vita».
Dal canto suo, Beatrice Venezi, più famosa per uno spot su un prodotto tricologico che come direttrice d’orchestra, ci ha spiegato che «Io sono un direttore, non una direttrice d’orchestra.

QUELLO CHE CONTA per me è il talento e la preparazione. Nel mio caso la mia professione ha un determinato nome ed è direttore». In un colpo solo ha buttato alle ortiche non solo l’italiano e anni di lotte per la parità, ma anche la dottoressa, la ministra, la scienziata, l’avvocata, eccetera eccetera. Se proprio si voleva invitare una direttrice d’orchestra, potevano pescare, che so, nell’Academy di Riccardo Muti che lo scorso anno ha scelto quattro giovani fra cui due donne, Tais Conte Renzetti e Charlotte Politi, 29 e 30 anni. Ma non sono bionde e probabilmente non hanno un ufficio stampa ansioso di mandarle a Sanremo. Venezi ha ancora molto da imparare sul femminismo, lasciamola studiare. La colpa non è sua, ma di chi l’ha scelta per rappresentare le giovani musiciste italiane. Agli autori vien proprio da dire quel che dovrebbero dire le donne del Pd: «Adesso scansatevi».