Le enclavi spagnole in terra marocchina di Ceuta e Melilla sono al centro delle polemiche sull’immigrazione irregolare in Spagna. Nonostante il governo di Madrid dipinga la situazione a tinte fosche, i numeri di cui si parla sono molto ridotti. Nel 2014 i rifugiati e i migranti che sono entrati in Spagna in maniera irregolare sono stati solo poco più di 12mila, di cui 7500 sono entrati attraverso le due città-province spagnole.

Il resto lo ha fatto su gommoni raggiungendo le isole Canarie o le Baleari. Secondo i numeri forniti il ministero degli interni a maggio, l’anno scorso sarebbero state 19.000 le persone che avrebbero cercato di «assaltare» i muri ricoperti di lame affilate (criticate duramente dall’ex commissaria europea Cecilia Malström nel 2013) che separano i due lembi di terra europei in Africa. Ma le stime sono fatte a occhio dalle guardie, e si contabilizzano più volte le stesse persone che provano a entrare in varie occasioni.

Nel 2013 gli ingressi irregolari erano stati ancora meno: 7500, di cui 4300 attraverso Ceuta e Melilla. L’aumento di più del 60% tra 2013 e 2014 si deve all’aumento dei conflitti bellici, soprattutto di quello siriano – rispetto ai 275 rifugiati siriani del 2013, nel 2014 si è raggiunta la quota di 3300. Il primo luglio entra in vigore la nuova legge sulla sicurezza cittadina che, tra le molte misure polemiche, ha anche «legalizzato» la pratica della cosiddetta «restituzione a caldo», cioè quello che la Guardia Civil fa da tempo, secondo le denunce delle ong: riportare in Marocco i migranti attraverso una porta nel muro senza averli identificati o aver verificato che nessuno sia nelle condizioni di poter chiedere asilo o protezione internazionale. Contro la legge voluta dal Pp tutti i partiti d’opposizione hanno fatto ricorso al Tribunale Costituzionale.