Per raggiungere alcuni quartieri meno centrali di Barcellona, spesso bisogna percorrere ripide salite. La città è abbarbicata su colli, colline e anche vere e proprie montagne, non a caso, ogni barcellonese che si rispetti, invece dei punti cardinali usa i due fiumi che la circondano (il Besós a nord-est, e il Llobregat a sud-ovest), o l’espressione “mare” per il sud-est, e, appunto, “montagna” per il nord-ovest.

Per molti di questi quartieri meno raggiungibili della città, la rete di trasporto pubblico già dalla fine degli anni Novanta si è organizzata con l’impiego di piccoli bus, da una ventina di posti, che riescono ad arrampicarsi agilmente per le stradine strette e scoscese del Carmel – da cui si godono viste mozzafiato della città e del mare – del Guinardó, di Can Baró o del Poble Sec. I minibus ora servono anche quartieri più centrali e senza pendenze, come il cuore multiculturale di Barcellona, il Raval, che ha strade troppo piccole per gli autobus tradizionali.

Li hanno chiamati bus del barri, o “bus di quartiere”, e sono pensati per garantire a tutti gli abitanti, soprattutto anziani e persone con mobilità ridotta, di poter raggiungere le zone più importanti del quartiere, i servizi e anche gli altri quartieri più centrali senza preoccuparsi di ostiche salite. Ne esistono 21, numerati dal 112 al 135 (qualcuno negli anni è stato eliminato) e, come ogni autobus, appaiono tutti su Google Maps quando cerchiamo di sapere qual è la miglior maniera di arrivare a un punto della città. Tutti, tranne uno. Il 116 questa settimana è scomparso come opzione di trasporto offerta dalla più famosa azienda della Silicon Valley.

IL 116 COLLEGA il quartiere popolare e gauche bohémienne, indipendentista e un po’ anarchico, di Gràcia con la zona del Park Guëll, una delle mete turistiche più gettonate della città assieme alla Sagrada Família – entrambe opere del genio Antoni Gaudí. Ormai da anni gli abitanti del quartiere erano rassegnati a dover condividere gli stretti veicoli con orde di turisti accaldati e sudaticci, che volevano risparmiarsi la erta salita per guadagnare l’entrata dell’ambito parco.

Già anni fa il comune ha cercato di preservare la possibilità per i barcellonesi di accedere al grande spazio verde, che prima dell’invasione turistica, era principalmente un parco monumentale destinato al quartiere e alla città. Spettacolare, certo, ma aperto al pubblico. L’unica amministrazione di destra della città, fra il 2011 e il 2015, l’aveva reso a pagamento per tutti. Solo tempo dopo era stato abilitato per i residenti un modo – un po’ farraginoso – per accedere senza pagare.

La protesta dei comitati cittadini per il bus 116
La protesta dei comitati cittadini per il bus 116

NONOSTANTE I BEN DIECI euro d’entrata, il flusso di turisti oggi è incessante. E gli autobus di quartiere sono diventati inaccessibili per il pubblico per cui erano stati pensati. Il problema è andato peggiorando con gli anni.

IL 2020 E IL 2021 erano stati anni di grazia per i cittadini di Barcellona: il turismo, mai scomparso del tutto, era poco e ben integrato al tessuto della città. Per una città che con il suo hinterland raggiunge i 3 milioni e 300 mila abitanti, assorbire 5 milioni di visite – questo il numero di turisti del primo anno dopo la pandemia – era stato molto semplice. Las Ramblas erano percorse finalmente anche dai residenti, e se qualcuno aveva voglia di conoscere la propria città doveva affrontare brevi e ragionevoli code davanti ai suoi monumenti più significativi.

NEL 2022 BARCELLONA aveva però già toccato i 10 milioni di visitatori, cinque in meno di Madrid e quasi sette in più di Siviglia. Ma nel 2023 l’osservatorio del turismo di Barcellona ha stimato che il flusso di turisti ha raggiunto, in tutta la regione attorno alla città, i quasi 25 milioni di persone (di cui 15 solo a Barcellona) che in media hanno speso circa 90 euro al giorno (per permanenze di 4 giorni di media).

Nel 2024 il numero di turisti non accenna a diminuire. Fino a febbraio sono già arrivati in città quasi 2 milioni di persone – nella stagione più bassa dell’anno – con un aumento del 10% rispetto all’anno precedente (e del 3% dell’ultimo anno prepandemico, il 2019).

IL NUOVO SINDACO di Barcellona, il socialista Jaume Collboni, ha un approccio molto più benevolo con il turismo rispetto alla sua predecessora Ada Colau: ha dato luce verde all’apertura di nuovi hotel nel centro – l’amministrazione precedente si era rifiutata di farlo (ce ne sono già quasi 500 in città); ha reso più difficile togliere le licenze di appartamento turistico; e vede di buon occhio l’aumento del turismo che tradizionalmente ha rappresentato una delle leve economiche più importanti per la capitale catalana (13 miliardi di euro nel 2023).

Ma i disagi per i cittadini vanno crescendo: il mercato degli affitti è ormai impazzito, il turismo ha soppiantato interi quartieri e, come per gli abitanti della Salut dove si trova il Park Güell, lo spazio fisicamente occupato dai turisti allontana chi nel quartiere, invece, ci vive. Ogni tentativo di mitigare il mercato degli affitti e regolare il flusso turistico si scontra con gli enormi interessi di chi lucra con il turismo massificato. Con il risultato che la città soffoca ed è quasi impossibile sfuggire dal traffico incontrollabile di fiumane di turisti che invadono interi quartieri e le zone limitrofe ai monumenti più citati su Instagram.

La soluzione inedita escogitata dal comune per venire incontro agli abitanti del quartiere è stata radicale: cancellare il percorso del 116 da Google Maps. Da un giorno all’altro, per sorpresa degli stessi utenti e degli autisti, l’autobus è tornato a svuotarsi. Gli anziani e le anziane del quartiere sono potuti tornare a montarci su tranquillamente. Ora possono di nuovo attraversare serenamente la via delle Camelie, il viale della Mare de Déu de Montserrat, per arrivare fino alla via della Mare de Déu de la Salut e all’Escorial, e raggiungere finalmente la via del Pare Jacint Alegre, via del Marianao e svoltare a sinistra a via Olot, davanti al parco più famoso della città. E continuare scendendo per via Larrard verso Lesseps e il centro della città. Di nuovo padroni del loro bus di quartiere, senza dover sgomitare fra turisti.

È un po’ paradossale, ma anche emblematico di questa epoca, figlia della tirannia delle imprese tecnologiche e delle reti sociali, che basti cancellare qualcosa da una piattaforma perché cessi di esistere. Chissà se per allentare la morsa del turismo basterà chiedere ai motori di ricerca che il nome della città non compaia più fra le destinazioni più popolari.