Il movimento di figure dell’estrema destra verso l’Ucraina, per unirsi alle Legioni internazionali lanciate dal governo di Kiev all’indomani dell’invasione russa, «è un fenomeno monitorato dal Copasir», dice al manifesto Enrico Borghi (Pd, nel comitato parlamentare).

Un fenomeno che sin dal conflitto nel Donbass «ha interessato e sta interessando frange dell’estrema destra che hanno un interesse nella guerra proprio per una questione ideologica».

È NOTIZIA di questi giorni l’afflusso di mercenari dal Medio Oriente per unirsi alle truppe russe, ma già il 3 marzo il presidente ucraino Zelensky aveva detto che ben 16.000 foreign fighter – un numero impossibile da verificare con esattezza – si erano offerti di entrare nella Legione internazionale ucraina: «In questo momento – continua Borghi – l’Ucraina sta purtroppo diventando un pull factor di elementi bellici, dall’impiego dei ceceni a quello dei siriani a elementi mercenari pronti a mettersi sul campo a prescindere dalla bandiera, fino a singole individualità di chi va a cercare la “bella morte”».

Per essere reclutati “ufficialmente” dalla Legione internazionale bisogna seguire le istruzioni impartite dal ministero della Difesa di Kiev sul sito creato appositamente, e il primo passo da fare è rivolgersi all’ambasciata ucraina nel proprio stato, di cui è fornito un elenco: una delle poche a mancare – c’è perfino Città del Vaticano – è proprio quella italiana, nonostante il nostro Paese non sia l’unico che sanziona penalmente l’ingresso dei propri cittadini in una forza armata straniera.

L’Italia si è dunque imposta più di altri paesi europei con Kiev affinché l’ambasciata a Roma venisse rimossa dalla lista? Al momento di andare in stampa, la Farnesina non aveva risposto alla domanda. «Non posso confermarlo – dice invece Borghi – ma mi sembra coerente con l’impianto normativo italiano, per evitare che si faccia proselitismo per un’attività non consentita e per la quale si rischia un’incriminazione di terrorismo internazionale».

MA D’ALTRONDE, come fanno notare fonti vicine al governo, molti di coloro intenzionati a imbracciare le armi partono aggregandosi a convogli umanitari, o sotto mentite spoglie di giornalisti e fotografi – una volta passato il confine è impossibile controllare.

Che l’invasione russa dell’Ucraina possa però portare a rivedere la legge che proibisce agli italiani di partecipare al conflitto è fuori discussione: «Se queste iniziative esistono sono di carattere individuale e non c’è allo stato attuale alcuna avvisaglia che si possa modificare una normativa di quella natura», osserva Borghi.

DIVERSA appare la posizione di altri paesi, a partire dalla Germania, dove Tagesspiel cita un portavoce del ministero dell’Interno che sembra aprire all’eventualità che si rinunci ad applicare le sanzioni previste dal codice penale a coloro che partecipano ad azioni di guerra volte alla difesa: «Se un atto di uccisione o lesione è permesso dal diritto internazionale, allora non è punibile dal diritto penale tedesco».

Die Zeit cita fonti nel governo ucraino secondo le quali sarebbero già «diverse centinaia» i tedeschi entrati nel Paese per unirsi alla difesa armata. Ma la preoccupazione di Berlino sembra solo quella di impedire attivamente a figure dell’estrema destra di unirsi alla neonata Legione internazionale: «A causa del conflitto in corso – continua il portavoce del Ministero – le direzioni della polizia federale sono state allertate sui possibili movimenti di viaggio degli estremisti di destra», a cui viene vietata la partenza.

DOPOTUTTO, nel 2014, la guerra in Crimea aveva attirato 17mila foreign fighter da 50 paesi diversi, con curriculum simili: estremisti di destra, provenienti da realtà neofasciste e neonaziste.

A Parigi invece si preferisce il silenzio. L’Eliseo si raccomanda («Non partite»), seppur non ci sia una legge specifica che vieti di unirsi volontariamente a eserciti stranieri. Vietato solo farsi pagare, si rischiano fino a 5 anni di prigione. Altrimenti, «possono essere integrati in un corpo ucraino – il commento del portavoce del ministero delle forze armate – Non possiamo impedirgli di partire né sanzionarli».

Qualcuno l’ha già fatto, secondo fonti governative si parla di «un numero limitato, una dozzina» già presenti in territorio ucraino. Molti di più quelli iscritti al gruppo Fb “Francesi volontari in Ucraina”, 11.300 membri a ieri, che chiedono informazioni logistiche o condividono i propri curriculum.

E SE PAESI come la Danimarca sponsorizzano il “volontariato” di guerra a favore di Kiev (il premier Frederiksen ha dato pubblicamente il permesso a combattere «se pensate di poter contribuire al conflitto») e Lituania e Lettonia hanno rivisto la loro legislazione per renderlo legale, la Gran Bretagna opta per l’opacità. Secondo il Foreign Enlistment Act del 1870, arruolarsi in legioni straniere è illegale.

Ma il ministero degli Esteri pare fare distinzioni: «Chi parte per l’Ucraina per attività illegali deve attendersi di essere indagato al suo ritorno». Insomma, dipende da cosa si fa, se si compie un crimine di guerra? Più specifici il ministro dei Trasporti Shapps che ha definito l’arruolamento in eserciti stranieri «illegale» e quello della Difesa che ha «proibito a tutto il personale militare di viaggiare in Ucraina», pena conseguenze disciplinari.

Prese di posizione giunte dopo che i giornali britannici hanno svelato le identità di almeno due foreign fighter (una guardia 19enne della regina e un ex marine figlio dell’ex ministro tory Grant) e la Reuters ha riportato di decine di ex paracadutisti di sua Maestà già a destinazione.

OGGI FARE UNA STIMA degli stranieri volontariamente partiti per il territorio ucraino non è possibile. La scorsa settimana il Kyiv Independent pubblicava una foto su Twitter: «I primi stranieri si sono già uniti alla Legione internazionale e combattono fuori Kyiv. Vengono da Usa, Uk, Svezia, Lituania, Messico e India».

Tutti entrati nell’International Legion of Territorial Defence of Ukraine senza necessità di visto e dopo la firma di un contratto. E senza salario, ufficialmente, sebbene fonti anonime del governo a Middle East Eye parlino di stipendi in linea con quelli degli ucraini, circa 3.500 dollari al mese.

Di certo c’è chi ci guadagna di più, chi della guerra fa un mestiere: mercenari assunti da compagnie private di contractor. Offerte di lavoro sono già comparse. È il caso della società statunitense Silent Professional che da una decina di giorni mostra nell’homepage del suo sito l’offerta per «Extraction/Protective Agents – Ukraine»: tra i mille e i duemila dollari al giorno («dipende dalle esperienze precedenti e da eventuali bonus da discutere in seguito», direttamente con il datore di lavoro) a fini di protezione o di evacuazione di individui o famiglie dall’Ucraina.

Tra i prerequisiti: conoscenza di svariate lingue, dall’ucraino al russo, e dell’uso di armi di era sovietica, almeno cinque anni di esperienza militare e possesso di un passaporto Shengen (dunque, europeo).

All’agenzia Middle East Eye, due compagnie di contractor turche hanno riferito di offerte anche più generose mosse da società europee e statunitensi, 2-3mila dollari al giorno per i combattenti che si uniranno alle forze ucraine.

E DANNO QUALCHE NUMERO: un migliaio di mercenari sarebbero già partiti, di questi un centinaio dalla Legione straniera francese. Che da parte sua nega: mai data alcuna autorizzazione, anzi, 14 militari pronti a partire sarebbero stati fermati.

Si passa dalla Polonia o dall’Ungheria e, attraverso le ambasciate di Kiev, si organizza il viaggio per Leopoli. Poi è guerra. Su un punto Mosca è stata chiara: il 3 marzo scorso il ministero della Difesa ha reso nota la propria interpretazione del diritto internazionale: «Nessuno dei mercenari inviati dall’Ovest in Ucraina per combattere per il regime nazionalista di Kiev sarà considerato combattente secondo il diritto umanitario internazionale né godrà dello status di prigioniero di guerra».