Il Consiglio di stato solleva dubbi di incostituzionalità sulla legge elettorale per le europee. Una decisione inattesa, perché smentisce una precedente dello stesso consiglio di stato (relativa alle elezioni del 2009) e una più recente del Tar. La vicenda riguarda le ultime europee (2014) ed è stata portata avanti dai candidati non eletti della lista Fratelli d’Italia. Ma le questioni sollevate dai giudici amministrativi davanti alla Consulta riguardano il cuore della legge, e cioè la soglia di sbarramento. Soglia che fu introdotta velocemente nella legge italiana per le europee nel 2009, a campagna elettorale già avviata, in seguito a un accordo tra Veltroni e Berlusconi. «Vogliamo evitare un’armata Brancaleone a Strasburgo», la frase celebre di Fassino che difesa così dalle proteste dei partiti più piccoli la soglia del 4%, sotto la quale nessuno avrebbe avuto rappresentanti in Europa (in realtà a Bruxelles). Il Consiglio di stato ieri ha preso per buone le ragioni del partito di Giorgia Meloni: lo sbarramento al 4% «è una compressione dei principi di piena democraticità e pluralismo». Compressione che non trova giustificazione perché «non corrisponda lo scopo di perseguire in modo effettivo valori di pari livello» quali ad esempio «limitare la frammentazione delle forze politiche e garantire un maggiore stabilità degli organi elettivi». Il parlamento europeo, in altre parole, non è quello nazionale. Non esistono esigenze di «governabilità» e anche la proliferazione dei gruppi è impedita dal regolamento. Elezioni europee ed elezioni nazionali sono diverse anche nel senso che se la Consulta dovesse dare ragione al Consiglio di stato, la giustizia amministrativa potrebbe far decadere i parlamentari europei in carica eletti grazie allo sbarramento e nominare al loro posto quelli del partito di Giorgia Meloni. Devono rammaricarsi i Verdi, che avevano preso la stessa strada ma – per ragioni di spesa – si erano fermati dopo che il Tar aveva dato loro torto. A questo punto solo tre candidati dei Fratelli d’Italia possono sperare, a danno di due parlamentari del Pd e uno del M5S. Come ricorda l’avvocato Besostri, che aveva assistito i Verdi, la Consulta dovrà pronunciarsi nel merito, visto che in precedenza aveva respinto, giudicandola inammissibile, un’identica iniziativa del tribunale ordinario di Venezia. La competenza, avevano detto i giudici delle leggi, è dei tribunali amministrativi. I tempi sono maturi dunque perché anche la Corte costituzionale italiana si esprima sullo sbarramento, come già ha fatto quella tedesca, bocciandolo. In alternativa resta la strada della Corte di giustizia europa, alla quale potrebbero rivolgersi i tribunali di Venezia, Cagliari o Treviso.