Walter Verini, tesoriere Pd e membro della commissione Giustizia delal Camera, lei non ha firmato per il referendum sulla cannabis legale promosso da Radicali Italiani, Meglio Legale, +Europa, Forum droghe e da una sessantina di altre associazioni, che ha raccolto in pochi giorni già 465 mila firme delle 500 mila necessarie. Perché?

Distinguo tra i referendum che come questo, nascono dal basso, rappresentano uno stimolo e vengono promossi con un obiettivo trasparente, dai referendum – come quello sulla giustizia del “garantista” Salvini – che rischiano di delegittimare il parlamento e che hanno – almeno per alcuni promotori – l’obiettivo di colpire l’indipendenza della magistratura. Ma proprio in questi giorni, sia pur con ritardo, in commissione Giustizia siamo riusciti dopo tanti anni a votare un testo base che è l’avvio di un cammino, sia pure tortuoso e difficile. Se lo firmassi in questo momento, lo considererei un atto di autodelegittimazione.

Perché sono in contraddizione le due cose: il referendum e la legge in parlamento? Lega e l’estrema destra hanno già detto che faranno di tutto per fermare l’iter. Se con il referendum si riuscisse a cambiare l’attuale assetto legislativo, non sarebbe una spinta e una bussola per il parlamento?

Temi come questi necessitano qualcosa di più di un sì o un no. Perché il messaggio semplificato che rischia di passare è: siete a favore o contro la droga? Con Salvini e Meloni a rappresentare la pancia del Paese e a fare la parte di chi è contro la droga. La logica referendaria per sua natura rischia di semplificare troppo una questione molto delicata, su cui non ci sono ancora posizioni univoche. E così facendo si rischia di affossare, anziché agevolare, la legge. Con questo non voglio dire che il referendum non debba andare avanti, dico solo perché non l’ho firmato io. Credo che un parlamentare, come sulla riforma penale, civile e del Csm, anche su temi come eutanasia e cannabis debba fare di tutto perché finalmente il parlamento adempi al suo dovere, come richiesto anche da una sentenza della Corte costituzionale e dalla Cassazione.

Eppure da giorni in Italia si discute finalmente di una questione che da decenni riguarda milioni di italiani. Cosa manca a questo dibattito?

Bisognerebbe dire chiaramente – e Magi è venuto su questa linea, gliene do atto – che le droghe fanno male. Che siamo contro la cultura dello sballo. Che comprende anche l’alcolismo, per certi aspetti il tabagismo e l’abuso di tutte le sostanze psicotrope che danno dipendenza. Il punto è che, per essere contro la cultura dello sballo, il proibizionismo da solo non regge. Quindi una volta detto che bisogna dare ai giovani strumenti di vita e socialità per contrastare il disagio, colpire la cultura dello sballo – che non è uno spinello – , solo in questo quadro possiamo dire che non legalizzare la cannabis è un’ipocrisia. Perché oggi la cannabis non è legale ma è liberalizzata, si può comprare dappertutto e da chiunque.

E la cultura dello sballo semmai si è creata in questo contesto, non in quello della cannabis legale.

Certamente. A favore della legalizzazione si sono schierati don Ciotti, i procuratori antimafia Cafiero de Raho e Roberti… Sostengono che legalizzandola si tira un colpo alle organizzazioni criminali e si combatte anche il piccolo spaccio. Sta di fatto che il 30% di detenuti sono piccoli spacciatori, che però sono legati alla criminalità organizzata.

E dunque perché il Pd non riesce a prendere una posizione chiara su questo?

Il Pd in commissione ha dato un contributo importante a disincagliare il testo base. Ora c’è l’aula, c’è il resto dei gruppi parlamentari che vorranno dire la loro. Bisognerà trovare una maggioranza. C’è chi capisce che il proibizionismo ha fallito ma dice che non è questa la strada per combattere le organizzazioni criminali. Di loro bisogna tenerne conto. Quello che mi auguro è di arrivare ad una legge che combatta la cultura dello sballo e che legalizzi un consumo individuale pienamente consapevole.

Ma a parte i suoi parlamentari, il Pd sta- o dovrebbe – sul territorio. Perché è completamente silente su questioni così sentite come eutanasia e consumo? Perché, parafrasando le parole del vice segretario, Provenzano, pur senza farsi travolgere dall’onda referendaria non vuole intercettarla?

In questa fase il gruppo del Pd in commissione Giustizia ha tenuto un atteggiamento unanime. Ma è evidente che il partito nelle prossime settimane, quando prenderà corpo un dibattito parlamentare più ampio, prenderà una posizione “ufficiale”. È una cosa di cui abbiamo già cominciato a discutere. Comunque già la festa nazionale dell’Unità ha ospitato per la prima volta un dibattito con i soggetti impegnati sul tema. Insomma, il Pd le intercetta eccome, queste tematiche, anche attraverso i suoi canali. Però, siccome è un partito plurale preferiamo non usare la clava. Se avessimo insistito in questo modo durante la scorsa legislatura non avremmo neppure avuto la legge sulla cannabis terapeutica. Il riformismo è anche questo.

Ma il referendum non è sempre un po’ così? Sì o no, anche sull’aborto lo era.

Partecipai alla campagna per il no all’abolizione della legge 194, so di cosa parlo. Riconosco ai Radicali la spinta, ma se a condurre quella campagna fossero stati solo loro al referendum avremmo preso il 20%. Invece vincemmo. Perché non parlammo mai di aborto come diritto, ma solo del diritto di autodeterminazione della donna, di maternità e paternità consapevoli.

È per lo stesso motivo che secondo lei che nel M5s, che pure ne ha fatto un proprio cavallo di battaglia da sempre, sul referendum si è pronunciato a favore solo Grillo?

Non lo so, non voglio entrare in dinamiche interne che non conosco ma credo che anche il M5s che ha contribuito con noi a sbloccare l’iter, ha bisogno di maturare una sua posizione compiuta, più definitiva. Questo conferma che su temi come questi ci vuole tanta pazienza oltre che determinazione. Il partito avrà successivamente il mondo di sintetizzare una posizione che tenga insieme tutte le sensibilità perché non siamo una caserma.

Ma i tempi non sono più che maturi ormai? Arriviamo buon ultimi nel mondo occidentale su questi temi…

È vero che arriviamo ultimi, per questo il parlamento deve approvare una legge seria. Altrimenti ci sarà il referendum.