Continuano le indagini sull’eccidio di London Bridge e Borough Market di sabato scorso. Ieri all’alba la polizia ha arrestato un trentenne a Ilford, East London, mentre martedì ne aveva effettuato un altro, sempre a Barking, dove era il domicilio di due degli attentatori, Khuram Butt e Rachid Redouane. In particolare ci si sofferma su Butt: non solo era stato visto in un documentario mentre avvolgeva la bandiera dell’Isis assieme a degli accoliti a Regent’s Park, era stato anche in contatto con uno degli attentatori del luglio 2005. Il tutto non gli avrebbe impedito di farsi assumere presso Transport for London, l’azienda tramviaria della capitale, e di lavorare nella metropolitana per un periodo (mentre era sindaco Boris Johnson).

Non si placano intanto le polemiche su cosa abbia impedito ai servizi e alla polizia di fermare due su tre degli attentatori di sabato, sui quali c’erano stati controlli in passato. Pesa sugli inquirenti il fatto che la polizia italiana avesse chiaramente allertato i colleghi britannici sulla pericolosità dell’italo-marocchino Youssef Zaghba, e sulle prime pagine dei giornali nazionali rimbalza la sua dichiarazione di voler diventare un terrorista. In particolare, il Times cita una fonte della sicurezza secondo cui la Gran Bretagna non fa un uso proficuo dei database europei di segnalazione dei terroristi. Mark Rowley, il capo dell’antiterrorismo, ha detto che il Paese deve riformare radicalmente la propria strategia anti terroristica dato che il pericolo è “completamente differente.”

Sale intanto il numero delle vittime da sette a otto, dopo il ritrovamento, martedì sera, del corpo del francese Xavier Thomas nel fiume all’altezza di Limehouse, mentre sono state confermate le morti della ragazza alla pari australiana di ventuno anni Sara Zelenak e dello chef francese Sebastian Belanger.