«Squagliateli nell’acido», «Fategli fare la fine di Cucchi». Frasi scioccanti, che sono apparse nella chat privata di alcuni carabinieri, uomini che dovrebbero garantire il rispetto della legge. E invece no. Le esternazioni risalgono al 26 luglio 2019, giorno dell’arresto di Gabriel Natale Hjorth e Finnegan Lee Elder, i due giovani turisti americani condannati in primo grado all’ergastolo il 6 maggio dello scorso anni per l’omicidio avvenuto a Roma del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega, e il cui processo di appello comincia proprio oggi nella capitale. Frasi sulle quali il Comando generale dell’Arma ha aperto un’indagine con la promessa di punire i responsabili.

La trascrizione della chat che inchioda i militari si trova tra gli atti del processo a carico di Fabio Manganaro, il militare indagato di misura di rigore non prevista dalla legge per aver bendato Hjorth mentre si trovava in una stanza del comando di via In Selci. La foto del ragazzo, seduto su una sedia con le mani ammanettate dietro la schiena, la testa china e la benda sugli occhi ha fatto il giro del mondo suscitando numerose critiche sul comportamento avuto in quell’occasione dai militari. Adesso il contenuto della chat apre un nuovo capitolo nero per l’Arma.

Lo sfogo dei carabinieri comincia subito dopo l’arresto, mentre i due americani si trovavano in macchina per essere condotti nella caserma di via In Selci. «Li abbiamo presi, stiamo venendo al reparto», comunica un militare. I commenti alla notizia sono una violenza estrema: «Ammazzateli di botte», oppure: «Speriamo che gli fanno fare la fine di Cucchi», riferendosi al giovane geometra romano morto nel 2009 dopo essere stato arrestato per possesso di droga. E ancora: «Bisogna squagliarli nell’acido», mentre un carabiniere scrive: «Non mi venite a dire arrestiamoli e basta. Devono prendere le mazzate. Bisogna chiuderli in una stanza e ammazzarli davvero».

Per il Comando generale quelli usati dai carabinieri sono «toni offensivi ed esecrabili», come si legge in una nota nella quale si annuncia che «non appena gli atti con i nominativi dei militari coinvolti saranno resi disponibili, l’Arma avvierà con immediatezza i conseguenti procedimenti disciplinari per l’adozione di provvedimenti di assoluto rigore.

L’omicidio di Mario Cerciello Rega risale alla notte del 26 luglio 2019: dopo un tentato acquisto di droga, non andato a buon fine, i due americani, all’epoca diciannovenni, rubarono lo zaino di Sergio Brugiatelli, che aveva indicato loro il pusher. Brugiatelli (teste chiave della vicenda, deceduto qualche mese fa per un male incurabile) chiese aiuto al 112, e Cerciello con un collega venne inviato in soccorso per fermare la tentata estorsione messa in atto dai due giovani, che pretendevano 100 euro e della cocaina, per restituire il maltolto. Quando i militari cercarono di bloccarli, Elder reagì colpendo a morte Cerciello, prima di darsi alla fuga con l’amico.

La mattina dopo, i due vennero fermati in un albergo del quartiere Prati, poco distante dal luogo dell’omicidio. Erano pronti a lasciare l’Italia e avevano nascosto in un controsoffitto il coltello, con lama da 18 centimetri, usato nell’agguato, che Elder aveva portato con sé dagli Stati uniti.