Decreto Cutro, martedì prossimo manifestazione a Roma delle associazioni che hanno aderito all’appello «Invertire la rotta» (Da Arci ad Asgi fino a Watch the Med Alarm Phone e ZaLab). Il 28 aprile nuovo sit in di protesta, ancora a Roma, questa volta organizzato dalle stesse comunità migranti, la parola d’ordine «Non sulla nostra pelle». L’organizzazione dell’appuntamento del 28 è cominciata a marzo a Napoli, all’ex Opg Je so’ pazzo, con oltre 700 partecipanti. Poi c’è stata una riunione on line il 6 aprile con 300 persone connesse anche dall’estero. «Dal 2017 in Italia sono state varate 4 riforme riguardanti l’immigrazione – il ragionamento -. A ogni nuova legge le nostre vite sono cambiate radicalmente e nessuno ha mai chiesto il nostro parere. È dal 2002, con la legge Bossi-Fini, che lo Stato ha iniziato a mettere in atto, sulla scia dell’Ue, un processo di criminalizzazione delle persone straniere in Italia introducendo il reato di clandestinità e allungando i tempi di detenzione nei Cie. Sulla nostra pelle si sono costruite le campagne elettorali degli ultimi decenni eppure nessuno ci ha mai interpellato».

La redazione consiglia:
Sit in a Roma contro il decreto Cutro: «Il governo vuole un esercito di irregolari senza diritti»La tragedia di Cutro è l’ennesimo, ultimo snodo di questa progressiva criminalizzazione: «Rappresenta il fallimento delle politiche migratorie. L’unica risposta che il governo ha saputo dare è un dl che ci vuole privare della protezione speciale, un istituto fondamentale per la regolarizzazione, per l’accesso alla casa, alle cure mediche, al lavoro, alla scuola per i nostri figli. Un decreto che potenzia la rete dei Centri di permanenza per il rimpatrio, luoghi di detenzione disumani in cui la violenza delle istituzioni si esprime ai massimi livelli. Un provvedimento che annovera nella lista dei paesi sicuri la Nigeria e la Tunisia». Le comunità migranti hanno ricevuto solidarietà e appoggio dalla Francia in sciopero, dal Burkina Faso, dal Coordinamento antirazzista italiano, dall’associazione Naga di Milano, da Info-Spazio 161 di Verona, dalla Rete 21 Marzo di Torino. Dalle ong Mediterranea, Sea watch, Iuventa. Testimonianze da Firenze, Roma, Forlì.

«Vergognoso che la risposta dello Stato a Cutro sia stata, di fatto, punire chi sulle coste italiane è arrivato vivo – ha argomentato Mariema Faye del Movimento Migranti Rifugiati Napoli -. Questo decreto porterà migliaia di persone all’irregolarità. Il governo ha dichiarato guerra agli ultimi attaccando il Rdc, i diritti civili della comunità Lgbtqi+ e lo fa, come i governi precedenti, attaccando la comunità migrante, che spesso ha difficoltà anche solo a riconoscere i propri figli. Figli che vengono considerati stranieri nel Paese dove nascono, crescono, studiano e hanno famiglia. È il momento di ribaltare la narrazione, la comunità migrante non è quella che deve fare paura o pietà».

E Abdel El Mir: «Vogliamo mettere in connessione i movimenti della sponda nord del Mediterraneo con quelli della sponda sud. Tagliare il reddito di cittadinanza, condannare le persone a vivere in povertà estrema e senza un permesso di soggiorno vuol dire creare le basi per un conflitto sociale orizzontale». Dall’esecutivo Slang Usb, Yacouba Saganogo ha raccontato: «Sono due anni che abbiamo messo insieme una formazione per sindacalizzare i migranti, perché siano in grado di difendere i propri diritti soprattutto sul lavoro. Voi sapete quanto spendiamo per avere un permesso di soggiorno, per avere una tessera sanitaria o un alloggio. Per tutto questo c’è bisogno di aspettare in fila alla questura, per ore, come degli scemi. Bisogna dire di no a questa schiavitù, a questo sfruttamento».

Da Bologna Wissal Houbabi del Coordinamento antirazzista italiano: «Ci riconosciamo come comunità di persone razzializzate in cui il senso stesso di umanità nasce dall’autocoscienza e non dalla retorica del Primo mondo. Il senso di solidarietà nasce dalle pratiche ereditate dalla storia della migrazione e non dall’assistenzialismo pietista. La partecipazione nasce da un’artigianale dignità che alza la testa nonostante tutto, contro tutte le armi che l’oppressore mette in campo. Il sistema capitalista è proprio il filtro con cui l’Europa concepisce i suoi valori più profondi. Alla loro idea di libertà è stato dato un prezzo, rendendolo un prodotto di mercato. È la prima volta che un margine così invisibilizzato e oppresso decide di sfidare i palazzi del potere senza mediazione e senza istituzioni che lo infantilizzino, tenendolo per mano, migranti da salvare». Patrick Konde (Coordinamento Lavoro agricolo USB): «Ci considerano solo braccia soprattutto in tre settori strategici: lavoro agricolo, logistica e lavoro domestico. Senza permesso di soggiorno si è in una situazione di ricatto continuo».

Infine l’Assemblea delle donne del Movimento Migranti Rifugiati Napoli con Ese: «Voglio parlare della violenza: la violenza sulle donne non è solo il fatto che siamo pagate di meno, ma anche i datori di lavoro che pensano di poter usare il nostro corpo per fare tutto quello che vogliono. Sto parlando per me, per le altre donne e la comunità Lgbtqi+. Voglio parlare anche del fatto che il governo ha detto che la Nigeria è un paese sicuro. A nord, il Boko Haram fa morire tantissime persone ogni giorno, scappiamo perché in pericolo. Sulle strade d’Italia ci deve essere scritto “Non sulla nostra pelle”».