Gioco a carte scoperte ieri al Parlamento greco da parte di Tsipras. I documenti dello scontro con i creditori sono ormai pubblici. Per prima Atene ha messo in rete la sua proposta di 47 pagine e in risposta Dijsselbloem ha reso pubblico anche il suo, di sole 5 pagine ma cronologicamente rimasto al 2014 e al precedente governo Samaras (il pdf qui). Documenti noti, ampiamente commentati anche dalla stampa internazionale.

Il premier greco ha difeso con passione la sua proposta verso i creditori e ha ribadito con forza che non è disposto a fare un solo passo indietro. La sua proposta, ha spiegato, «non è il programma di Syriza» ma è basata sulle «convergenze acquisite in questi quattro mesi di dura trattativa» ed è quindi «l’unica base realistica» per uscire dall’impasse.

Malgrado lo «spiacevole passo indietro» rappresentato dall’«inaccettabile» documento presentato giovedì da Dijsselbloem e Juncker, il premier greco continua a ritenere che un accordo sia ora «più vicino che mai».
La sua convinzione nasce dall’assoluta certezza che «nell’eurozona prevalgono le forze ragionevoli che vogliono preservare e rafforzare la moneta comune» contro una «minoranza» che cerca di «umiliare» e «sottomettere» un popolo «orgoglioso» come quello greco.

Tsipras ha anche espresso la sua personale certezza che proposte, come quelle avanzate, di tagliare ulteriormente le pensioni e aumentare del 10% il costo della corrente elettrica «non saranno votate da nessun deputato del Parlamento greco».

Il leader di Syriza considera la proposta di giovedì quindi come facente parte di una «brutta tattica negoziale» che «non ha ottenuto alcun effetto e molto presto finirà nel dimenticatoio».

Tsipras ha rivolto un appello all’opposizione di scegliere tra le due proposte e di schierarsi a fianco del governo. Appello caduto nel vuoto: l’opposizione di destra e di centro è frantumata, confusa e senza strategia, assolutamente non in grado di incidere minimamente sugli sviluppi. Ma al leader di Syriza il dibattito parlamentare è servito per disarmare le continue grida di questi mesi di Samaras e del leader di To Potami verso il governo di firmare qualsiasi accordo pur di evitare disastri e catastrofi.

«Il popolo ci chiede di resistere e di non cedere alle richieste assurde dei creditori», ha ribadito: «In questi quattro mesi abbiamo pagato per il debito 7,5 miliardi, da un anno il paese non incassa nessun finanziamento, eppure siamo in piedi e abbiamo garantito condizioni di sicurezza per il popolo greco e per quelli di tutta Europa».

Tsipras ha fatto un significativo riferimento allo spostamento del pagamento del debito al Fmi alla fine di giugno, facendo capire che la sospensione dei pagamenti da parte di Atene non è oramai un’eventualità remota ma molto realistica: in quel caso non ci sarà Grexit ma «una traumatica divisione dell’Europa che segnerà il suo fallimento».

Ma la «rottura» non ci sarà, ha assicurato. Perché non la vogliono i mercati, non la vogliono «i popoli europei», non la vogliono le forze europeiste, al primo posto Syriza.

Egualmente il premier ha evitato di confermare gli scenari che erano circolati in questi giorni di un nuovo ricorso alle urne oppure di un referendum popolare sulla proposta Dijsselbloem.

Si continua a puntare tutto sul negoziato sulla base del documento greco, come se nulla fosse successo. Sempre con il capo del governo greco che negozia direttamente con la leadership politica dell’eurozona, evitando, per quanto possibile, il terreno minato dell’eurogruppo, regno incontrastato del coriaceo Schauble. Non è chiaro quando ci sarà il prossimo incontro di vertice, forse in margine del G7 in Germania.

Infine, Tsipras non ha evitato di lanciare un altro segnale, attraverso una lunga conversazione telefonica, poche ore prima del dibattito parlamentare, con Vladimir Putin. Si è parlato principalmente di energia, ma anche dell’interesse russo verso alcune privatizzazioni greche, come quella delle ferrovie e di alcune banchine del porto di Salonicco, significativamente comprese nel documento greco presentato ai creditori.