C’è voluto un reportage del New York Times per far sapere agli italiani che cosa ne pensa il nostro ministero degli esteri e della cooperazione internazionale delle bombe che l’Italia fornisce all’Arabia saudita per bombardare lo Yemen.

In un comunicato rabberciato in fretta e furia date le festività natalizie, la Farnesina ha infatti riciclato quanto i ministri Gentiloni e Pinotti avevano già detto negli anni scorsi in risposta ad alcune interpellanze parlamentari: «L’Italia – scrive la Farnesina – osserva in maniera scrupolosa il diritto nazionale ed internazionale in materia di esportazione di armamenti e si adegua sempre ed immediatamente a prescrizioni decise in ambito Onu o Ue. L’Arabia saudita non è soggetta ad alcuna forma di embargo, sanzione o altra misura restrittiva internazionale o europea».

Il ministero si è ovviamente guardato bene dal dire che la legge italiana che regolamenta le esportazioni di armamenti non vieta solamente le forniture a Paesi sottoposti a misure di embargo, ma anche «verso i Paesi i cui governi sono responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani, accertate dai competenti organi delle Nazioni Unite, dell’Ue o del Consiglio d’Europa» (Legge 185/1990).

E che, come ha certificato il «Rapporto finale del gruppo di esperti sullo Yemen» trasmesso già nel gennaio scorso al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite – che ha ampiamente documentato l’utilizzo da parte dell’aeronautica militare saudita di bombe fabbricate dalla Rwm Italia per bombardare zone civili in Yemen –, non solo questi bombardamenti sono vietati dalle convenzioni internazionali ma «possono costituire crimini di guerra».

Non solo. La Farnesina ha continuato a tacere riguardo alle tre risoluzioni adottate dal Parlamento europeo che hanno chiesto all’Alta rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza e vicepresidente della Commissione, Federica Mogherini, di «avviare un’iniziativa finalizzata all’imposizione da parte dell’Ue di un embargo sulle armi nei confronti dell’Arabia saudita».

Un’iniziativa sulla quale l’Alta rappresentante finora non ha proferito parola. Eppure nell’ultima risoluzione, del settembre scorso, l’europarlamento ha chiaramente dichiarato di ritenere che «le esportazioni all’Arabia saudita violino almeno il criterio 2 della Pozione Comune europea visto il coinvolgimento del Paese nelle gravi violazioni del diritto umanitario accertato dalle autorità competenti delle Nazioni Unite». Ed ha ribadito «la necessità urgente di imporre un embargo sulle armi nei confronti dell’Arabia Saudita».

Ma c’è di più. Nella medesima risoluzione, il Parlamento europeo, dopo aver evidenziato che «la situazione nello Yemen si è ulteriormente deteriorata anche a causa delle azioni militari portate avanti dalla coalizione guidata dai sauditi», ha ricordato che «alcuni Stati membri hanno interrotto la fornitura di armi all’Arabia saudita in ragione delle azioni da essa perpetrate nello Yemen, mentre altri hanno continuato a fornire tecnologie militari in violazione dei criteri 2, 4 6, 7 e 8 (della Posizione Comune europea, ndr)».

A fronte di queste parole si comprende l’imbarazzo che l’inchiesta del New York Times ha provocato alla Farnesina. Il governo Gentiloni, e prima di lui il governo Renzi, hanno infatti deciso di ignorare non solo queste risoluzioni europee ma hanno chiaramente rinunciato a esercitare un ruolo propositivo e attivo in sede di Consiglio europeo: la parola d’ordine è sempre stata «adeguarsi immediatamente».

Una posizione che manifesta, ancora una volta, l’inconsistenza della politica estera dei recenti governi che, a partire dell’intervento militare in Libia nel 2011, hanno sempre sostanzialmente deciso di adeguarsi alle disposizioni decise da altri.

Si comprende perciò anche il costante imbarazzo della ministra della difesa, Roberta Pinotti, a rispondere riguardo alle esportazioni di ordigni militari ai sauditi. «Si tratta di materiali prodotti su licenza tedesca che transitano nel nostro Paese», aveva detto qualche anno fa ai giornalisti.

Ecco perché l’inchiesta del Nyt che, in sette minuti di video, ha mostrato a tutto il mondo l’utilizzo da parte dell’aeronautica militare saudita nei bombardamenti sulle zone abitate da civili in Yemen di ordigni fabbricati dall’azienda Rwm Italia, ordigni esportati su autorizzazione dei nostri governi, ha fatto finalmente breccia anche nei quotidiani e nelle reti televisive nazionali.

In questi anni il manifesto è stato tra i pochi quotidiani a documentare tutta questa materia. Anche gli esperti di politica estera e gli analisti strategici, a fronte dell’indagine dell’autorevole quotidiano americano, hanno cercato di correre ai ripari affermando che era una questione già nota. Mostrando così ancora una volta il loro provincialismo.

*Analista dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere e politiche di sicurezza e difesa di Brescia