Gli estensori del Rosatellum-bis devono essersi fatti prendere un po’ la mano dall’esigenza di escogitare un meccanismo che favorisca le coalizioni (centrodestra e centrosinistra) a discapito delle forze singole (sinistra e M5S). In questo tentativo, hanno finito per organizzare meccanismi legislativi di vero e proprio trasferimento del voto espresso dall’elettore, che, nonostante abbia apposto la croce su un simbolo o su un nome, favorirà l’elezione di liste e candidati che non ha affatto selezionato. Si tratta di astuzie che, però, non sembrano reggere ad uno scrutinio di costituzionalità.

Come ho sottolineato su questo giornale il 20 ottobre, la riforma elettorale in discussione al senato costringe l’elettore a un voto unico, sebbene preveda due distinti canali di costruzione della rappresentanza (i collegi uninominali maggioritari e i collegi plurinominali proporzionali). Nell’ossessione di garantire l’unicità del voto, la proposta prevede che, quando un elettore apponga la croce solo sul nome del candidato nel collegio uninominale, senza selezionare alcuna delle liste che lo appoggiano, il suo voto valga anche a favore di queste ultime. Nel caso in cui il candidato sia collegato ad una coalizione, si prevede che tale voto sia suddiviso pro quota tra le liste che la compongono.

Tale suddivisione avviene secondo la proporzione che è fissata da quegli elettori che, avendo votato quello stesso candidato, hanno anche espresso una preferenza per una delle liste della sua coalizione.

Per esempio, se in un collegio 70 elettori hanno votato la lista di Forza Italia e 30 quella della Lega, il voto dell’elettore che abbia votato per il solo candidato del centrodestra nell’uninominale, senza scegliere una lista, viene conteggiato per 7/10 a Forza Italia e per 3/10 alla Lega.

La trasmissione del voto dal candidato uninominale alle liste, però, sembra violare in un colpo solo i principi del voto eguale, libero, personale e diretto (artt. 3, 48, 56 Cost.). Infatti, gli elettori che selezionano il solo candidato nell’uninominale ma non votano alcuna delle liste che lo sostengono, in sostanza vengono espropriati del proprio voto, il quale è affidato dalla legge ad altri elettori che, votando per lo stesso candidato, esplicitano anche una preferenza per una delle liste collegate. Costoro, pertanto, si interpongono tra il voto del primo elettore e la sua destinazione finale a favore di una o dell’altra lista, così che il suo voto non è più né libero né diretto né personale, perché sono altri elettori a decidere per lui!

Se si guarda in controluce il meccanismo, inoltre, ci si avvede che esso viola anche il principio di uguaglianza, perché si realizza un marchingegno in cui alcuni elettori (quelli che esprimono il voto per una lista in coalizione) contano di più degli altri (quelli che votano per liste singole), potendo dirigere, con il proprio voto, anche il voto altrui.

Non a caso, è sempre stata prevista solamente la soluzione opposta: la trasmissione del voto dato ad una lista al candidato comune a più liste. Per esempio, nell’elezione dei consigli comunali, il voto dato a una lista che appoggia un certo candidato sindaco si trasmette anche a quest’ultimo. Questa trasmissione è sì imposta dalla legge, ma univocamente. Pertanto non vi è alcuna interposizione di altri elettori tra l’espressione di voto ad una lista e la sua destinazione al candidato sindaco da questa appoggiato. In questi termini, quindi, si tratta di una soluzione eventualmente criticabile solo sul piano dell’opportunità. La soluzione prevista nel Rosatellum-bis, invece, è censurabile, come si vede, proprio sul piano della sua costituzionalità.

Analogamente, si prestano alla medesima censura le regole sul trasferimento dei voti ottenuti dalle liste di una coalizione che si collochino tra l’1 e il 3%. Queste liste non otterranno seggi, perché la proposta prevede uno sbarramento del 3%. Si prevede però che i voti delle liste sotto il 3% che superino però l’1% vengano conteggiati a favore delle altre liste della medesima coalizione che abbiano superato il 3%. Anche qui il voto dato a una lista, che non ottiene seggi, viene indirizzato ad altri, ossia alle liste della coalizione cui la stessa appartiene, sulla base della decisione di altri elettori.

Anche in questo caso, infatti, i voti di questi elettori sono spalmati pro quota a altre liste. Così, per fare un esempio, il voto a favore della lista animalista della Brambilla potrebbe finire per produrre un seggio per un candidato leghista a favore della caccia! Il trasferimento dei voti delle liste tra l’1 e il 3% avverrà, nuovamente, sulla base della proporzione stabilita da elettori diversi da quelli che li hanno espressi (quelli che abbiano votato per una lista della stessa coalizione che abbia superato lo sbarramento). Come si vede, però, anche in questo caso i principi del voto eguale, libero, diretto e personale finiscono per risultare travolti.