Il Quai d’Orsay, imbarazzato, ha gettato acqua fredda sulla polemica esplosa sui migranti tra Italia e Francia, dopo l’annuncio del grande rifiuto del ministro Antonio Tajani di venire ieri a Parigi come previsto, per il suo primo incontro con l’omologa Catherine Colonna: «La relazione tra Francia e Italia è fondata sul rispetto reciproco», con riferimento allo «spirito del Trattato del Quirinale», la cooperazione rafforzata firmata tra Roma e Parigi nel novembre 2021.
«In uno spirito di solidarietà» il governo francese «auspica di lavorare con l’Italia per far fronte alla sfida comune rappresentata dal rapido aumento dei flussi migratori, in particolare in provenienza dal Mediterraneo centrale», aggiunge il comunicato, che indica che le questioni migratorie devono essere affrontate «nella concertazione e nel dialogo sereno» dall’insieme dei paesi Ue, con «scambi» tra i ministri degli Esteri di Italia e Francia, con l’obiettivo di «rafforzare strettamente la cooperazione con i paesi d’origine o di transito dei migranti», «uno dei pilastri della strategia europea». Il Quai d’Orsay spera che la visita di Tajani possa essere presto «riprogrammata rapidamente».
Il comunicato intende rispondere alla levata di scudi in Italia che ha fatto seguito alle dichiarazioni del ministro degli Interni, Gérald Darmanin, ieri mattina. Per Darmanin, il governo di Giorgia Meloni è «incapace di risolvere i problemi migratori», con «molti minorenni che risalgono dall’Italia» e che cercano poi di passare la frontiera a Mentone.
Darmanin – ma anche Colonna – contestano la circolare di Meloni, che rifiuta l’applicazione degli accordi di Dublino, che prevedono di rimandare i migranti nel paese di sbarco (per poi essere inseriti in un processo di redistribuzione verso altri paesi europei). Tra Italia e Francia ci sono state ricorrenti tensioni sulle migrazioni, l’ultima nel novembre 2022 in occasione del rifiuto di attracco dell’Ocean Viking in Italia, che poi la Francia ha accolto a Tolone.
Darmanin ha voluto anche parlare ai suoi. Mercoledì, il segretario del Rassemblement national, Jordan Bardella, a Nizza ha accusato il governo di non voler «controllare l’immigrazione» e ha indicato un centro di ritenzione di minorenni come «il simbolo dell’incapacità dello stato a proteggere le frontiere della Francia», definendo Darmanin «un ometto politico». Darmanin risponde: l’estrema destra fiorisce sulle promesse impossibili, poi una volta al potere si rivela impotente.
Darmanin, il giovane ministro degli Interni che è stato nel passato portavoce di Nicolas Sarkozy, il più a destra del governo Borne, ha grandi ambizioni: punta a essere nominato primo ministro in prospettiva dell’inevitabile crisi di governo in seguito alla rivolta contro la riforma delle pensioni, e affila i denti per la presidenziale del 2027. Però ha dovuto rimettere nel cassetto una nuova legge sull’immigrazione, perché Borne ha affermato che non c’è una maggioranza per votarla, genererebbe troppe tensioni mentre l’urgenza è ritrovare la serenità. La legge dovrebbe conciliare apertura di vie di immigrazione per i “mestieri sensibili” (con una sanatoria per chi lavora) e espulsioni, “gentile con i gentili, cattivo con i cattivi”. Ma Borne ha solo annunciato, per il momento, l’invio di 150 poliziotti supplementari al confine con l’Italia, per bloccare le entrate. Intanto, la Francia è stata condannata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo per «trattamento inumano» di due bambini (12esima condanna dal 2012).