Un Sergey Lavrov a tutto sprint quello che si è fatto intervistare ieri dai giornalisti stranieri presso la sede della Tass. In primo luogo ha voluto annunciare sanzioni contro alcuni «alti funzionari» di Germania e Francia in risposta a quelle imposte dalla Ue dopo l’avvelenamento del leader dell’opposizione russa Alexey Navalny in Siberia lo scorso agosto. In particolare ha annunciato che misure particolarmente severe saranno prese nei confronti del governo Merkel in quanto «punta di lancia dell’attacco globale alla Russia». Infatti il diplomatico russo ritiene – e questo farà inevitabilmente molto discutere – che il «caso Navalny» sarebbe stato in realtà una montatura costruita e orchestrata proprio in Germania.

SECONDO LAVROV, la Russia «ha tutte le ragioni per credere che tutto quello che è successo a Navalny, il suo avvelenamento con agenti chimici ad uso bellico potrebbe essere avvenuto in Germania o sull’aereo dove è stato caricato e poi trasportato alla clinica Charité di Berlino». Accuse gravissime che avranno ricadute significative nei rapporti tra i due paesi, dopo che già l’ospedale russo di Omsk aveva escluso la possibilità dell’avvelenamento e sostenuto la diagnosi che il politico fosse stato solo colpito da una «pancreatite acuta».

UNA PARTE SIGNIFICATIVA delle domande dei giornalisti si è concentrata inevitabilmente sugli accordi di pace nel Nagorno-Karabakh di lunedì notte. Lavrov ha voluto smentire in primo luogo categoricamente la notizia fatta circolare dalle autorità turche – ad arte secondo alcuni per inasprire la crisi interna in Armenia – sulla creazione di un «centro congiunto russo-turco» per monitorare il rispetto del cessate il fuoco nella regione. «I limiti di movimento degli osservatori turchi sono limitati da quelle coordinate geografiche che saranno determinate per l’ubicazione del centro di monitoraggio russo-turco creato sul territorio dell’Azerbaigian» ha detto il ministro, sottolineando che il lavoro degli osservatori non implica alcuna missione turca sul campo.

IN QUESTE ORE MOSCA, dopo aver dislocato le sue truppe d’interposizione sulle linee del fronte del Karabakh è impegnata a spegnere i bollori armeni che vorrebbero rimettere in discussione il cessate il fuoco. «Sono convinto che l’integrità di questo accordo sarà preservata e vedo numerose forze politiche in Armenia che capiscono cosa sta accadendo e ne traggono le giuste conclusioni» ha sostenuto il ministro. E ha aggiunto anche di non voler trasformare il «vicino estero» in un’area di scontro. «La Russia non è interessata al perdurare di conflitti congelati né in Karabakh, né in Transnistria, né in qualsiasi altra parte dello spazio post-sovietico» ha concluso Lavrov, ma l’accenno alla Transnistria ha fatto drizzare le orecchie a più di un osservatore. Domenica prossima con la possibile vittoria nelle presidenziali della candidata filo-occidentale in Moldavia, anche quel capitolo dimenticato della «disunione sovietica» potrebbe essere riaperto.