«La situazione attuale è di 3.800 presenze, in diminuzione perché ci sono continui trasferimenti. Oggi contiamo di trasferire 2.500 persone e rientrare gradualmente in una gestione ordinaria dell’hotspot», dichiara in conferenza stampa Francesca Basile responsabile migrazione della Croce rossa italiana (Cri), che gestisce la struttura di Lampedusa. «È presente un’ingente quantità di minori non accompagnati – continua Basile – Abbiamo anche dei bambini di 10/11 anni che hanno viaggiato da soli».

Moussa (nome di fantasia) ha 16 anni ed è gambiano, è partito da Sfax senza nessuno e da quattro giorni dorme nell’hotspot: «Qui dentro la vita è molto difficile, non ci danno da mangiare, non ci danno acqua. Ci sono sempre litigi per i pasti, giovedì hanno mandato la polizia e mi hanno ferito con il manganello». La Cri, però, nega episodi di violenza nel centro di Contrada Imbriacola: «Non ci sono stati feriti durante gli scontri per il cibo. Non è una guerra. Si tratta di criticità, nulla di ingestibile. Abbiamo cercato sempre di mantenere l’ordine senza ricorrere all’uso della forza».
Intanto continuano i trasferimenti ma anche gli sbarchi. Circa 400 sono arrivate ieri in una decina di piccole imbarcazioni. La situazione sembra comunque destinata a normalizzarsi, almeno fino alla prossima ondata.

Ancora ieri sera, però, davanti alla chiesa dell’isola i migranti in file ordinate attendevano un pasto caldo. Mentre la notte precedente nella piazzetta del paese alcuni di loro avevano ballato con turisti e residenti al ritmo della musica reggae. «Giovedì verso le 14:30 c’erano tre ragazzi di 14 anni che cercavano del cibo. Potevano essere miei nipoti, stavano morendo di fame e avevano molta sete. Abbiamo fatto una frittata e mangiato tutti assieme», racconta il lampedusano Stefano Loffredo. «Sembrano i giorni del 2011. Abbiamo visto gente lasciata per più di 48 ore al Favaloro, persone affamate. Noi soffriamo davanti a queste scene, non vogliamo che la gente sia trattata così. Ieri mi veniva da piangere durante la fiaccolata. Lo stato si deve mettere in moto, la Cri non ce la fa con questi numeri», conclude.

Basile, invece, sostiene che il cibo sia distribuito regolarmente: «La nostra cucina riesce a preparare anche dieci mila pasti al giorno, ma con questo affollamento alcuni ragazzi hanno preferito non fare la fila e andare a sfamarsi all’esterno». Fuori la porta della chiesa, però, non sono solo alcuni ragazzi a essere in fila, ma centinaia di persone.
«La chiesa ci ha dato questo spazio, siamo tutti amici che hanno deciso di dare una mano. Serviamo pasti a pranzo e cena, ieri abbiamo lavorato dalla mattina alle due di notte. Abbiamo anche un accesso laterale per donne e bambini che vogliono lavarsi e cambiarsi. Lampedusa è un’isola di solidarietà», dice Marcello Mangiò, operatore sanitario di Palermo che vive sulla maggiore delle Pelagie.

Mentre i lampedusani sfamavano le persone, sull’isola è arrivata Marion Maréchal Le Pen, nipote della leader del Rassemblement National ma futura capolista europea dell’estrema destra di Eric Zemmour. «Sono venuta per sostenere popolo e governo italiani perché oggi a Lampedusa le frontiere italiane sono anche le frontiere di tutta l’Ue», ha dichiarato senza avvicinarsi ai migranti né ai residenti. Nei prossimi giorni è attesa la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, invitata da Meloni.