Una storia d’amore il cui ricordo si intreccia con le vestigia di un mondo perduto, con un annuncio di libertà che ha tradito le proprie promesse. Eppure, come la memoria incendiaria del desiderio, quell’anelito ad una vita nuova rispunta inaspettato, con il suo portato di frasi interrotte, di carezze sospese, preannunciate da un gesto ma mai fino in fondo scambiate.

SOLO IN APPARENZA ciò che Elena Malisova e Katerina Silvanova raccontano in Un’estate col fazzoletto da pionieri (traduzione dal russo di Giulia De Florio, Mondadori, pp. 450, euro 22 ), può essere riassunto sotto l’etichetta dell’amore adolescenziale. In realtà il loro romanzo di formazione descrive un’irriducibile volontà di liberazione che passa per i corpi, prima ancora che per l’anima dei giovani protagonisti. Una lotta, condotta in prima persona in nome del sentimento e della passione, che non a caso ha reso a loro volta le autrici della storia altrettanti simboli del rifiuto dell’oppressione e del conservatorismo radicale che dominano la vita sociale nella Russia di Putin.

Jura e Volodja, i protagonisti del libro si incontrano nella colonia per pionieri della Rondine quando il primo non ha che sedici anni e il secondo solo un paio di più. Siamo nell’estate del 1986, ma in Unione Sovietica il tempo sembra essersi fermato. Difficile immaginare che di lì a pochi anni il vecchio regime sarebbe crollato concedendo a molti di cullarsi nell’illusione, anche se per una breve stagione, che tutto fosse di nuovo in gioco, possibile e conquistabile: diritti, identità, possibilità e sogni.

INCURANTI DELLA MINACCIA che in Urss grava sulla condizione omosessuale, che può portare direttamente al carcere o peggio, a quelle galere dell’estremo nord-est del Paese che ricordano ancora i gulag, i due ragazzi scoprono l’amore l’uno tra le braccia dell’altro nel clima di cameratismo del campo, tra i giochi nei prati, le nuotate nel fiume, le prove dello spettacolo teatrale allestito durante il soggiorno: il tutto scandito fin dalle prime ore del mattino dalla voce dell’«Alba del pioniere» diffusa dagli altoparlanti. Pagina dopo pagina, con la tenerezza e il furore degli adolescenti, Jura e Volodja si studiano, intrecciano sguardi e risate, si rivelano l’un l’altro, imparano a leggere tra le righe degli appunti del compagno. Poi, il loro amore, sbocciato d’estate sopravvive per gli inverni seguenti attraverso le lettere che si scambiano, sempre ben attenti a celare i propri sentimenti ai margini di qualche frase. Divisi nello spazio, il primo a Kharkiv, la città ucraina all’epoca ancora parte dell’Urss, il secondo a Mosca, come nelle prospettive, la musica classica per Jura, il mestiere delle armi, l’esercito, per Volodja, si incontreranno di nuovo solo vent’anni più tardi quando tutto, intorno a loro è nel frattempo cambiato. Il Paese in cui erano cresciuti non c’è più, ma l’idea di amarsi alla luce del sole resta ancora una sfida.

DIVENUTO UN BESTSELLER grazie a Tik Tok, Un’estate col fazzoletto da pionieri è valso alle due autrici prima un pesante intervento della censura russa, che ha ritirato il romanzo dalle librerie perché tratta di un amore omosessuale, e quindi l’esilio. Da Mosca, Elena Malisova (vero nome Prokaseva) e Katarina Silvanova (all’anagrafe Dudko), vent’anni ciascuna, hanno così scelto di trasferirsi rispettivamente in Germania e nella natia Kharkiv dopo che in Russia sono state colpite dalla legge che equipara gli oppositori politici o anche le semplici voci libere ad «agenti stranieri». Divenute un simbolo della comunità lgbtq e della sua lotta contro Putin, le due scrittrici, proprio come i protagonisti del loro fortunato esordio narrativo, evocano la forza irriducibile dell’amore contro la repressione e la violenza dell’oscurantismo del regime di Mosca.