Con decine di migliaia di persone che languono nelle carceri riempite dalle purghe, in Turchia si torna a parlare di amnistia. La proposta non giunge però dai partiti d’opposizione colpiti dal pugno di ferro di Erdogan, ma dal suo alleato più stretto, Devlet Bahceli, leader del partito ultranazionalista Mhp.

Alle ultime elezioni, Bahceli ha conquistato un ruolo determinante per la tenuta della maggioranza parlamentare. Ora batte cassa e si prepara a presentare una proposta che non trova entusiasmo nel partito di governo Akp.

Le opposizioni restano alla finestra: l’idea piace (le carceri scoppiano e la tensione sociale cresce), ma c’è il timore che da destra arrivi un provvedimento sin troppo mirato. Bahceli ha infatti annunciato di voler escludere i crimini violenti verso donne, minori ma soprattutto i reati di terrorismo. Significherebbe l’esclusione di buona parte degli oppositori politici, dietro le sbarre per la contestata legge antiterrorismo turca.

Ne beneficerebbero altre tipologie di reato, tra cui quelli fiscali, in un momento in cui il governo adotta provvedimenti per far rientrare capitali dall’estero, anche senza certificarne la provenienza, pur di tamponare la crisi della lira.

La discussione s’incendia quando entrano in scena figure della criminalità organizzata turca, come ad esempio il boss Alaattin Cakici, condannato per decine di omicidi. Bahceli lo aveva visitato in ospedale prima delle elezioni e lo aveva definito un «uomo innamorato della patria e dei suoi valori». Personaggi come Cakici sono da tempo considerati gli esponenti di punta di quelle collusioni tra i Lupi grigi dell’estrema destra turca, i servizi segreti e la criminalità organizzata.

La Turchia aveva già promosso un’amnistia nel 2000. Una successiva sentenza della Corte costituzionale aveva fatto cadere i paletti messi al provvedimento, estendendolo oltre gli scopi voluti dalla politica. E forse proprio a questo puntano oggi le opposizioni, qualora la proposta sbarcasse in parlamento.