Il tramonto dei falchi dell’Austerity: dalle improvvise dimissioni per «motivi personali» del presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, alla fine del mandato di presidente del Bundestag di Wolfgang Schäuble che da ministro delle Finanze difese a spada tratta il debito-zero. Il primo lascerà la poltrona della banca centrale a fine anno con oltre un lustro di anticipo rispetto alla scadenza naturale dell’incarico, mentre il secondo martedì prossimo sarà sostituito dalla vice-capogruppo della Spd, Baerbel Bas.

IN ENTRAMBI I CASI la fine della carriera istituzionale dei due più autorevoli esponenti del merkelismo coincide con l’uscita di scena della Cdu dai banchi del governo: Weidmann risulta incompatibile con la svolta social-ecologista impressa dalla coalizione “Semaforo” pronta a stanziare maxi-investimenti di denaro pubblico per la «seconda rivoluzione industriale» della Germania; Schäuble invece è costretto a cedere il timone al partito più votato alle elezioni federali del 26 settembre cui spetta la carica di presidente del Parlamento.

«È ora di voltare pagina, per me e per la Bundesbank» taglia corto Weidmann. Tuttavia, al di là delle dichiarazioni ufficiali, il suo passo indietro si deve anzitutto alla «frustrazione per la politica monetaria della Bce e all’inflazione che in Germania si avvicina alla soglia del 5%» come ricorda la Faz, anche se per il quotidiano confindustriale Handelsblatt la sua decisione sarebbe già stata assunta all’indomani della nomina di Christine Lagarde al vertice della Bce.

In ogni caso per il nemico numero uno del Whatever it takes di Mario Draghi, ed ex consigliere economico della cancelliera Angela Merkel, si accendono i titoli di coda: ieri ha chiesto al presidente della Repubblica, Frank-Walter Steinmeier, di poter lasciare la poltrona il 31 dicembre, pochi giorni dopo l’attesa decisione dell’Eurotower sulla riduzione degli stimoli finanziari legati all’emergenza Covid-19.

IN POLE-POSITION per la sostituzione spiccano la vice, Claudia Buch, e il capo del desk economia della Bundesbank, Jens Ulrbich, ma sono in corsa anche gli economisti Volker Wieland, Lars-Hendrik Röller, Marcel Fratzscher, Lars Feld e Jakob von Weizsäcker. Sempre che a spuntarla alla fine non sia Isabel Schnabel, influentissimo membro del Consiglio della Bce. Se venisse nominata una donna sarebbe l’unica a capo delle 19 banche centrali dell’Eurozona.

COMUNQUE SI PROFILA l’avvio di una politica fiscale assai meno restrittiva dei diktat imposti dall’ultra-conservatore Weidmann tale dal renderlo, appunto, incompatibile con la linea espansionistica della coalizione “Semaforo”. Il rischio che a Berlino e Francoforte nessuno vuole correre è lo scontro perenne tra la Bundesbank e il governo federale.

«Sebbene avesse la sua particolare visione, sono immensamente dispiaciuta per le dimissioni di Weidmann dopo 10 anni di servizio» fa sapere la presidente della Bce Christine Lagarde, guardandosi bene però dal ricordare come il falco della Bundesbank sia stato il primo ad alzare le barricate contro la scelta di fissare i tassi di interesse al minimo storico per stabilizzare l’inflazione e si sia sempre opposto alla partecipazione della Bce alla lotta al cambiamento climatico con l’acquisto degli asset “green” che lei invece sostiene.

Nonostante la Bundesbank non determini la politica monetaria europea, essendo solo una delle 19 banche centrali dell’Eurozona, di sicuro una guida più votata alla transizione ecologica sposata da Lagarde risulta molto più conciliabile.

SEMPRE LA COMPATIBILITÀ, in questo caso con la parità di genere negli incarichi politico-istituzionali, è alla base della nomina di Bas a presidente del Bundestag. Il capogruppo Spd, Rolf Mützenich, ieri l’ha investita ufficialmente ma solo grazie alla forte pressione del Gruppo di lavoro delle donne socialdemocratiche (Asf) che aveva definito «imperativa» la nomina di una figura femminile al posto di Schäuble.
«Il programma della Spd che Olaf Scholz ha portato avanti in campagna elettorale si basa sull’uguaglianza che per noi vuol dire soprattutto rispetto. E le parole richiedono azioni conseguenti. Oltretutto tra i nostri deputati non mancano le donne con le giuste competenze» sottolinea la presidente dell’Asf, Maria Noichl.