La guerra in corso tra Ucraina e Russia oltre a creare una serie di gravi problemi economici, politici e ambientali, sta colpendo la vita di milioni di persone. I numeri cambiano in continuazione, ma secondo l’Onu in Ucraina ci sono circa 10 milioni di sfollati interni. Se per alcuni i motivi che portano a lasciare la propria casa sono conseguenza diretta dei pesanti bombardamenti in corso, per altri è il clima politico. A vivere questo duplice dramma è una minoranza presente da secoli in Ucraina come in Russia: la popolazione tatara.

Dilara vive in Italia e lavora come ricercatrice universitaria. È nata e cresciuta in Russia ed è di origini tatare. La guerra ha cambiato radicalmente la sua vita e quella della sua famiglia. «Mia madre lavorava come chef in un noto ristorante. Parlando con i colleghi si è dichiarata contro la guerra e due giorni dopo è stata licenziata. Lo stesso discorso è venuto fuori anche con i vicini che, una volta emersa la posizione di mia madre, hanno iniziato a minacciarla. Così lei ha dovuto lasciare la Russia e venire qui in Italia per abitare con noi».

ANCHE IL FRATELLO di Dilara ha lasciato il Paese per non finire in guerra come soldato. Ora è in India con la sua famiglia ed è in attesa di un visto Schengen.

Dall’inizio della guerra la famiglia di Dilara ha espresso posizioni contro il conflitto e il nazionalismo sempre più diffuso. «La nostra famiglia è contro la guerra e in questo nuovo mondo russo, sempre più nazionalista, sempre più Z, noi tatari e noi musulmani non siamo i benvenuti. La Z per me è come la svastica».

La lettera Z domina oggi i diversi angoli della Russia. È un simbolo che veicola e rafforza il sentimento nazionalista contro chi si oppone al conflitto. Chi è contro la guerra può finire in galera per 15 anni. «La Russia – conclude Dilara – non è più tra i miei piani. Ogni giorno che passa è una sofferenza per me. È il periodo più difficile della mia vita. Sento i miei amici ucraini e mi raccontano di momenti veramente difficili. Oggi andare in giro e parlare in russo mi mette in difficoltà».

I tatari sono un gruppo etnico di lingua e cultura turca nativo della penisola della Crimea. Con radici nella regione che risalgono al tredicesimo secolo, sono un gruppo etnico musulmano sunnita che parla una lingua della famiglia linguistica turca, variante legata alle lingue tartare parlate in Russia. Si tratta di una minoranza che ha subito nel corso della storia recente una lunga e tragica sequela di espulsioni e deportazioni. Quelle in epoca zarista e poi durante il periodo sovietico hanno generato una diaspora oggi presente in larga parte in Russia, Ucraina, Turchia e Uzbekistan.

Se il capitolo più recente ha visto nel 2014 l’annessione russa della Crimea, da settimane la componente residente in Ucraina sta affrontando l’ennesimo dramma causato dall’aggressione russa.

LA TURCHIA oggi ospita oltre 20.000 cittadini ucraini arrivati dall’inizio del conflitto. Tra questi, centinaia sono i tatari trasferiti tramite i mezzi dell’Ambasciata della Repubblica di Turchia di Kiev. In maggioranza donne e bambini.

Secondo le interviste rilasciate dai profughi all’agenzia di stato turca Anadolu, la componente maschile tatara ha raggiunto in larga parte le fila dell’esercito ucraino per combattere contro le truppe russe.

L’attenzione dell’opinione pubblica in Turchia sulla condizione dei tatari è molto alta. L’agenzia di notizie tatara, la Kirim Haber Ajansi, con sede ad Ankara, pubblica ogni giorno numerose notizie sulla vita dei tatari in Crimea, nel resto dell’Ucraina e in Turchia. Tra i servizi pubblicati si dà spazio anche alle dichiarazioni di Mustafa Abdülcemil Kırımoglu, l’ex presidente della Mejlis (assemblea/consiglio) dei tartari di Crimea e membro del Parlamento ucraino dal 1998: «La Russia rifiuta le proposte dell’Ucraina sullo status speciale della Crimea, per cui non penso che l’occupazione russa possa essere rimossa da questi territori senza l’uso della forza. Tuttavia quest’opzione scatenerebbe l’eliminazione di massa dei tatari». Un invito alla diplomazia quello di Kirimoglu, che lancia anche un appello a tutti i giovani tatari: «Rifiutatevi di far parte dell’esercito russo e consegnatevi all’esercito ucraino».

Lo scorso 5 aprile, il terzo partito d’opposizione in Turchia, lo Iyi Parti, ha avanzato al Presidente del Parlamento la proposta di candidare Kirimoglu al Premio Nobel per la Pace. L’idea era stata avanzata il mese prima dalla presidente del partito, la parlamentare Meral Aksener, durante la seduta ordinaria del gruppo parlamentare.

Un altro personaggio che trova spazio nei media in Turchia è senz’altro Refat Chubarov, l’ex deputato del parlamento ucraino, e attuale presidente della Mejlis dei tatari in Crimea, accusato di portare avanti la secessione della Crimea dalla Russia. «Per noi tatari – sostiene Chubarov in una recente intervista con Anadolu Ajansi – , la guerra è iniziata nel 2014, con l’occupazione russa in Crimea. Da anni viviamo con diverse forme di repressione: assimilazione, minacce, arresti e intimidazione». Chubarov sostiene che diverse persone sono state rapite e assassinate in Crimea dai soldati russi in questi ultimi 8 anni. «So che negli incontri di Istanbul si parla di un periodo di 15 anni per la soluzione del problema della Crimea ma il popolo tataro ne vuole una immediata».

SECONDO CHUBAROV, dall’inizio della guerra sono arrivati in Turchia circa 2 mila cittadini tatari, molti dei quali con doppia cittadinanza. Con parte del territorio ucraino occupato dai russi, il conflitto in corso rappresenta l’ennesima tragedia vissuta da questa minoranza del Mar Nero che sogna un futuro libero dalle influenze di Mosca.