Ancora una volta è mancato il consenso sulla possibilità di sanzioni per i coloni israeliani in Cisgiordania. In realtà, al Consiglio affari esteri tenutosi ieri a Bruxelles, i governi dei 27 non hanno raggiunto l’unanimità sulle azioni da intraprendere rispetto alla guerra in Medio Oriente, mentre hanno formalizzato quanto già concordato nei giorni scorsi a proposito di Aspides, missione navale di contrasto agli attacchi Houthi contro le navi mercantili nel Mar Rosso, di cui l’Italia ha ottenuto il comando operativo.

Sono stati i governi del Belgio, che in questo semestre detiene la presidenza di turno del Consiglio Ue, Spagna e Irlanda a esercitare una funzione di traino nella richiesta di azione comune per fermare le violenze nella Striscia come in Cisgiordania. Madrid, con Dublino, non ha escluso un’iniziativa autonoma, già messa in campo in forme diverse sia da paesi europei in modo unilaterale (come la Francia) che non Ue come Regno unito, Stati uniti e Canada.

Da parte sua la coordinatrice per le operazioni umanitarie dell’Onu a Gaza, Sigrid Kaag, che ha partecipato al vertice nella capitale europea, ha lanciato un monito contro le possibili conseguenze disastrose per la popolazione civile di un’operazione militare a Rafah annunciata dal premier israeliano Netanyahu.

ED È PROPRIO sulla dichiarazione dei governi Ue riguardante Rafah e le sanzioni ai coloni in Cisgiordania, di cui l’Ue discute dallo scorso novembre, che è mancata la necessaria unità sulla dichiarazione finale del Consiglio. Nella conferenza stampa conclusiva, l’Alto rappresentante per la politica estera Josep Borrell ha fatto riferimento al documento dei governi Ue che contiene anche la richiesta di «pausa umanitaria immediata per un cessate il fuoco sostenibile» sottoscritto da 26 paesi su 27. Pur non rivelando a chi si debba ascrivere l’opposizione alla formulazione finale, tutto lascia pensare che si tratti di Budapest.

«Non abbiamo adottato le sanzioni per questa ragione: abbiamo raggiunto una posizione ampiamente maggioritaria, ma non avendo ottenuto l’unanimità non possiamo dire formalmente che si tratta di una posizione dell’Unione europea», ha spiegato Borrell. Che poi ha ammesso: «Tutto questo certamente non ci rafforza».

La possibilità di frattura con uno o più paesi apertamente schierati a sostegno di Tel Aviv era stata anticipata dal ministro degli esteri irlandese Micheál Martin, che al suo arrivo al summit aveva dichiarato: «A causa di uno o due paesi che ancora ci impediscono di arrivare all’unanimità sulle sanzioni ai coloni violenti, oggi non avremo una decisione in Consiglio».

Solo pochi giorni fa, sempre Dublino e Madrid avevano lanciato un’altra iniziativa per provare a scuotere l’impasse decisionale di Bruxelles: hanno chiesto una verifica urgente dell’accordo di associazione commerciale tra Unione e Israele alla luce del mancato rispetto dei diritti umani, dichiarandosi «profondamente preoccupati per il deterioramento della situazione».

La richiesta era arrivata con una lettera congiunta dei due governi inviata alla presidente della Commissione Ursula von der Leyen e allo stesso Borrell, che ieri ne ha annunciato l’esame a partire dal prossimo Consiglio esteri.

IL VERTICE EUROPEO di ieri ha però trovato la quadra sul secondo tema all’ordine del giorno riguardante il Medio Oriente. In apertura di una giornata dalla fitta agenda è stata varata la missione navale Aspides, con lo scopo di scortare i mercantili in transito sul Mar Rosso proteggendoli dagli attacchi degli Houthi, mentre non si fermano gli attacchi, che vanno avanti ormai da tre mesi da parte dei ribelli yemeniti.

Ieri l’azione più grave: il movimento ha colpito un cargo britannico battente bandiera del Belize nel golfo di Aden. La nave è stata danneggiata pesantemente e rischia di affondare, mentre l’equipaggio è riuscito a salvarsi solo grazie all’intervento di un altro mercantile.