Il mostro dell’Appennino avanza. Quel che resta del governo Gentiloni, teoricamente in carica solo per la gestione degli affari correnti, preme sull’acceleratore della realizzazione della Trans Adriatic Pipeline, l’enorme condotto che attraverserà l’Italia da sud a nord per trasportare gas e che toccherà anche le zone sismiche dell’Appennino a cavallo tra Abruzzo, Marche, Umbria e Lazio. Si tratta di una struttura che percorrerà l’Italia per una lunghezza di quasi 700 chilometri. Il tubo, largo 120 centimetri, dovrà essere installato a 5 metri di profondità, con una servitù necessaria di 40 metri per la posa. Questo senza contare i cantieri e le centrali di manutenzione che verranno piazzati sul tracciato, con un impatto più che evidente sul patrimonio paesaggistico delle dieci regioni coinvolte, dalla Puglia fino all’Emilia Romagna.

 

LO SCORSO 7 MARZO, fresco di iscrizione a un Pd uscito a fette dalle elezioni, il ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda ha dato il via libera alla costruzione della centrale di compressione di Sulmona, in Abruzzo. Da qui, infatti, parte il terzo lotto del gasdotto: 167 chilometri di percorso che passa vicino L’Aquila, attraversa il triangolo Amatrice, Arquata del Tronto Accumoli, si arrampica nel maceratese distrutto dal sisma e finisce a Foligno.

Una settimana fa, il 4 aprile, il presidente del consiglio dimissionario Paolo Gentiloni si è incontrato con i vertici della Regione Abruzzo per sollecitare lo scioglimento degli ultimi nodi burocratici. E pensare che il governatore dem Luciano D’Alfonso – adesso eletto anche al Senato – in teoria sarebbe contrario alla realizzazione della grande opera, che comunque continua ad andare avanti, con buona pace delle tante proteste messe in atto negli ultimi anni da parte di associazioni ambientaliste e movimenti contrari alla distruzione del territorio per fare spazio al trasporto del gas.

IL PROBLEMA non si pone nelle Marche, dove il presidente Luca Ceriscioli ha cambiato la rotta del suo predecessore Gian Mario Spacca e appare entusiasta della costruzione della condotta del gas. Ceriscioli, in quanto vice-commissario alla ricostruzione, ha poteri quasi illimitati sul da farsi: ad esempio potrà decidere di spostare interi paesi da una parte all’altra della cartina geografica, cancellarli e farli rinascere altrove. Certo, per farlo devono esistere comprovati rischi sismici, dettaglio che però sembra non riguardare il gasdotto, dichiarato immune a ogni scossa. Nel 2011 la Commissione Ambiente della Camera licenziò una risoluzione per impegnare il governo a modificare il percorso del tubo, allontanandolo dall’Appennino, in modo da «evitare sia gli alti costi ambientali, sia l’elevato pericolo per la sicurezza dei cittadini dovuto al rischio sismico».

L’azienda che si sta occupando della costruzione del gasdotto, la Snam, si difese parlando di valutazione d’impatto ambientale favorevole e nessun rischio. Nel 2014, però, si ricorda della caduta di un traliccio su una condotta a Pineto, in Abruzzo, con paurose esplosioni visibili a distanza di chilometri e otto feriti. Tanto per stare tranquilli.

Intanto sono già cominciate le compensazioni preventive: un anno fa, il colosso russo del petrolio Rosneft ha annunciato un proprio dono di cinque milioni di euro per la ricostruzione dell’ospedale di Amandola, in provincia di Fermo, crollato in parte dopo il terremoto del 24 agosto 2016. Rosneft è il fornitore di gas dell’Enel, che a sua volta fornirà il gasdotto transadriatico.

IL 21 APRILE, proprio a Sulmona, andrà in scena un corteo organizzato dal Coordinamento No Hub del gas, unione di tutte le realtà che da anni protestano contro la costruzione del tubo e della centrale di compressione.

Dichiarato inutile da più parti, dannoso per unanime ammissione dei vari centri di ricerca interpellati negli anni, inaffidabile come investimento secondo diverse banche commerciali, contro ogni volontà delle popolazioni coinvolte, incurante della sua installazione in territorio sismico, il tubo del gas sembra essere una delle ultime priorità del non ancora ex governo. Il fascino irresistibile della grande opera.

Lettere pubblicate sul manifesto in edicola il 13 aprile 2018

Otto chilometri

Gentile redazione, l’articolo pubblicato in data 11 aprile 2018 «La Tap avanza sul cratere, i movimenti si organizzano», a firma di Mario Di Vito, fa riferimento in maniera impropria a Trans Adriatic Pipeline che, al contrario di quanto riportato, non attraverserà l’Italia da sud a nord per 700 chilometri.

Il gasdotto avrà una lunghezza di soli 8 chilometri tra il punto di approdo a San Foca e il terminal di ricezione in agro di Melendugno, dove il gasdotto si allaccerà alla rete nazionale di trasporto.

Grati se vorrete mettere a disposizione dei lettori queste informazioni, porgiamo i nostri più cordiali saluti.

Maria Pia Mazzotta
Media Advisor

Garanzie Snam sul viadotto contestato

In merito all’articolo «La Tap avanza sul cratere, i movimenti si organizzano», desideriamo precisare che il progetto Rete Adriatica presentato da Snam è strategico per il nostro Paese, in un contesto di declino della produzione nazionale (già oggi inferiore al 10% del fabbisogno) e di aumento dei consumi di gas naturale (+6% circa nel 2017 rispetto all’anno precedente).

Non parliamo di un «mostro» ma della realizzazione di cinque metanodotti distinti, funzionalmente autonomi e indipendenti.

Snam opera in Italia da oltre 75 anni e realizza metanodotti interrati e impianti seguendo le più rigorose norme internazionali, anche sulla sismicità.

In Italia oggi ci sono 34mila chilometri di metanodotti (1.000 dei quali in Abruzzo): nei principali eventi sismici degli ultimi 40 anni, dal Friuli all’Irpinia, dall’Abruzzo all’Emilia, non è mai accaduto nulla, le opere non hanno subito danni e non ci sono mai state interruzioni delle forniture.

Infine, non corrisponde al vero l’affermazione secondo la quale i metanodotti «distruggono il territorio».

Infatti, al termine dei lavori di ogni sua opera, Snam effettua da sempre attività di ripristino delle condizioni naturalistiche e paesaggistiche originarie.
Cordiali saluti.

Ufficio Stampa Snam

La replica di Mario Di Vito

Entrare nel merito del discorso sul fabbisogno energetico nazionale sarebbe inappropriato in poche righe, per questo è bene rimandare ai tanti studi fatti sull’argomento da riconosciuti esperti del campo energetico, sono online e a disposizione di chiunque.

Il discorso riguarda più la democrazia, dettaglio che spesso non va esattamente a braccetto con i meccanismi del mercato.

Le aziende hanno tutto il diritto di seguire logiche esclusive di profitto, i governi dovrebbero pensare anche ai cittadini, e la vicenda del gasdotto è da leggere in questa ottica: territori contro decisioni calate dall’alto e mai discusse con nessuno.

Per quello che riguarda la Tap, bene la precisazione: abbiamo sbagliato per difetto. Il tubo, in effetti, avrà una lunghezza totale di 870 chilometri, dalla Grecia all’Italia, dove poi si allaccerà con un altro dotto di quasi 700 chilometri.

m.d.v.