Settimana decisiva per capire come pende la bilancia politica spagnola. Il capo dello stato ha iniziato le consultazioni con le forze politiche. Consultazioni che per la prima volta non sono di rito, dato che le urne non hanno disegnato una maggioranza chiara. Da questi colloqui, che termineranno venerdì con i tre principali partiti, uscirà il primo nome che il re Filippo VI dovrà proporre al presidente del Congresso, il socialista Patxi López. Nella prima votazione, il candidato prescelto dovrà ottenere la maggioranza assoluta dei voti, dalla seconda in poi – 48 ore dopo – basterà la maggioranza relativa.

A partire della prima votazione, inizia a scorrere la clessidra dei due mesi di tempo prima del dissolvimento automatico delle camere. Ieri sera alle 20 scattava l’ora limite per la costituzione dei gruppi parlamentari. Un tema normalmente poco trascendente, ma che stavolta si intersecava con questioni politiche di fondo. Podemos esigeva che le tre coalizioni che hanno vinto su scala locale in Catalogna, Galizia e Valenza e in cui Podemos era presente (assieme a verdi, Izquierda Unida, Anova e altri) ottenessero ciascuna un gruppo parlamentare proprio, con conseguente visibilità, finanziamenti e distribuzione dei tempi parlamentari. Cosa a cui si opponevano frontalmente tutti gli altri partiti, interpretando in maniera restrittiva il regolamento (la norma galeotta fu approvata negli anni ’80 proprio per evitare che i socialisti avessero più gruppi parlamentari regionali).

Ma il regolamento di Congreso e Senado è sempre stato flessibile: tanto che, come accaduto in passato, i socialisti hanno ceduto dei senatori alle forze catalane Esquerra Republicana de Catalunya (Erc) e Democràcia i Llibertat (Dl) perché potessero formare un gruppo, e Izquierda Unida ha formato un gruppo “tecnico” al Congreso con Esquerra e i nazionalisti baschi di sinistra di Bildu per non scomparire nel gruppo misto e per ricevere i rimborsi elettorali. Tra l’altro Garzón ha spiegato che l’idea era formare gruppo con la coalizione valenziana di Podemos (l’unica delle tre in cui non c’era IU) ma che Podemos all’ultimo momento si è tirata indietro.

Tutto questo è rilevante perché Podemos minacciava di non voler parlare con i socialisti del governo se non otteneva i suoi quattro gruppi, ma negli ultimi giorni sia i socialisti che Podemos erano stati bene attenti a non lanciare ultimatum definitivi. E di fatto ieri sera Podemos ha gettato la spugna, accettando un unico gruppo “plurinazionale”. I deputati che non appartengono a Podemos della coalizione valenziana però non ci entreranno.

Sta di fatto che i socialisti hanno fatto bene le loro mosse prendendo in mano l’iniziativa politica. Mentre Rajoy cerca disperatamente di convincere socialisti e Ciudadanos a una grande coalizione, Pedro Sánchez è stato chiarissimo: no sonoro a Rajoy. Il Pp contrattacca, cercando di minare il campo screditando Podemos – e i suoi deputati rasta «con i pidocchi», come ha detto la vicepresidente popolare del Congreso – confidando che se ci fossero nuove elezioni ci guadagnerebbe, mentre Sánchez sta giocando su molti tavoli contemporaneamente. Innanzitutto, quelli interni: cercando di zittire la potente destra interna che non vede di buon occhio Podemos; dall’altra blandendo poco a poco tutti gli altri partiti. I nazionalisti baschi del Pnv, con una poltrona nell’ufficio di presidenza del Senato; Erc e Dl, con il prestito di senatori; e vedremo altri passi verso i più piccoli, prima di affrontare il pesce grosso: Podemos.

Scartato Rajoy, che con i soli voti di Ciutadanos e tutti gli altri contro, non ce la può fare, Sánchez ha due strade percorribili, entrambe molto complicate. Una, con voto favorevole di Podemos, delle sue alleanze, di Izquierda Unida e del Pnv; tutti gli altri astenuti. Sarebbero 167 voti contro i 163 di Pp e Ciudadanos. Secondo scenario: socialisti + Ciudadanos + Pnv, con Podemos e tutti gli altri astenuti. 136 contro i 123 dei popolari.

Resta da capire se il capo dello stato deciderà di passargli direttamente la mano o gli darà tempo, nominando in primis Rajoy come leader del partito più grande. In questo caso i tempi si allungherebbero di almeno una settimana.

Un aneddoto: Erc e Bildu per la prima volta si sono rifiutati di vedere il re. Erc, per lo sgarbo del monarca che non ha ricevuto la presidente del Parlamento catalano la settimana scorsa; e Bildu perché non si sente «suddita del re spagnolo».