Ufficialmente la riunione convocata ieri a Berlino dal presidente della Spd, Lars Klingbeil, è stato un incontro di routine. In realtà, invece, il vertice riservato nel quartiere generale della “Willy Brandt Haus” con oggetto «Rapporti con la Russia » è servito per fare il punto sulla crisi ucraina che ha investito la prima forza del governo spaccandola tra “Hardliner” e difensori dell’Ostpolitik.

Al centro dell’incontro a porte chiuse anzitutto l’assedio politico internazionale stretto intorno al cancelliere Olaf Scholz che secondo gli Stati uniti, Polonia e Stati baltici sarebbe troppo morbido con Mosca: dalla minaccia spuntata, sempre e solo generica, di sanzionare il gasdotto Nordstream in caso di conflitto armato al rifiuto di inviare armi all’esercito di Kiev come vorrebbe la Nato.

Accuse quotidiane, ribattute a rullo di tamburo dall’informazione mainstream, a cui i massimi dirigenti della Spd ieri hanno risposto facendo quadrato intorno al leader che viene pressato anche dentro la coalizione Semaforo: il segretario dei liberali e ministro delle Finanze, Christian Lindner, pretende che Scholz assicuri «una risposta di ferro» nell’eventualità di un attacco russo.

«Non vogliamo ritrovarci all’improvviso con la guerra nel cuore dell’Europa per colpa di minacce che possono innescare il conflitto anche involontariamente. Abbiamo ripetuto che l’escalation viene dalla Russia e la Germania è stata molto chiara nel ricordare tutte le opzioni sul tavolo. Ma ora abbiamo anche il compito di organizzare la pace» ha ribadito Klingbeil durante il summit.

Consapevole che l’obiettivo è appoggiato anche dai Verdi e tra i banchi dell’opposizione dalla Linke e perfino dalla Cdu, dopo che il suo esperto di politica estera, Norbert Röttgen, ha difeso la posizione del governo Scholz di non fornire armi a Kiev. «Aiutare gli ucraini a difendersi sarebbe politicamente giustificabile, ma per la Germania significherebbe distruggere qualunque canale di dialogo con Mosca».

Paradossalmente i problemi per Scholz arrivano proprio dai sostenitori della linea dura contro Mosca dentro la Spd: è stato il secondo punto all’ordine del giorno della riunione di ieri a cui non era presente il cancelliere. Spiccano i mal di pancia dell’ex ministro Michael Roth e del portavoce della politica estera Nils Schmid che hanno chiesto al partito di «usare un linguaggio semplice per chiarire quali sono le sanzioni sul tavolo».

Diametralmente opposta invece è Manuela Schwesig, influentissima governatrice del Mecleburgo-Pomerania, il Land che ospita il terminale tedesco del Nordstream: ha creato una fondazione per il Clima insieme a Gazprom e utilizzato una nave del suo Stato per aiutare a completare la posa del gasdotto.

Infine ci sono i battitori liberi, come l’ex cancelliere e leader Spd, Gehrard Schröder, attualmente nel Cda della società che gestisce il Nordstream, che non smette di accusare il governo di Kiev di «sabotare» ogni soluzione al conflitto. Oppure l’ex segretario Sigmar Gabriel, rappresentante del think tank atlantista Il Ponte, pronto a distanziarsi da Scholz che per lui rimane il vice di Merkel che lo sollevò dall’incarico di ministro degli Esteri.

«Siamo felici di accettare consigli e vanno bene anche le interferenze nel dibattito. Ma rimane indiscutibile chi ha la responsabilità della Spd», replica Klingbeil ricordando a tutti che su Russia e Ucraina, alla fine, a decidere sarà solo Scholz dopo che il Presidium gli ha confermato la fiducia la settimana scorsa.

E il cancelliere dovrà anche capire come risolvere l’imbarazzante richiesta dell’Estonia che vuole vendere all’Ucraina gli obici comprati durante la svendita delle armi ex Ddr. Per la triangolazione, secondo gli accordi bilaterali, serve il nulla osta tedesco ma Berlino è recalcitrante ad avallare la triangolazione che aggirerebbe il veto di export bellico a Kiev.

Ultimo degli allarmi per Scholz, la nomina sabato scorso a segretario dei Verdi del deputato Omid Nouripour che non ha messo in discussione la linea pacifista del governo comprendente il suo partito ma ha avvertito: «Se all’estero si crea la sensazione che i tedeschi sono divisi sulle misure da prendere per la crisi ucraina, non aiuterà Scholz né la nostra ministra degli Esteri».