È inutile avventurarsi nei meandri delle regole d’ingaggio che la polizia ha adottato oggi alla Sapienza. E’ immaginabile che il Magnifico Rettore della Sapienza, Antonella Polimeni (che abbiamo tutti salutato come una grande novità per essere la prima donna dopo 700 anni a governare la più grande università d’Europa), abbia autorizzato se non chiamato le forze dell’ordine, perché se non ricordo male deve essere il Rettore ad autorizzare l’ingresso della forza pubblica nell’università.

È anche problematico cercare di indagare su quanto fosse violenta l’azione dimostrativa messa in campo dagli studenti per protestare contro un convegno dedicato al “Capitalismo buono” con ospiti politici vicini a Fdi, da oggi un partito di governo, quindi possiamo dire che era una manifestazione anche contro il governo nascente.

Magari gli studenti hanno sbagliato, magari potevano farsi gli affari propri e fischiettare dinanzi ai processi politici in corso. Ma guardandoli mentre prendevano le manganellate a me è salita molta rabbia, devo essere sincero e la mia rabbia non è relativa alle manganellate (che tante o poche tutti abbiamo preso) e che di certo suonano come un avvertimento o un benvenuto nel nuovo mondo del governo Meloni.

A farmi rabbia è la loro immensa solitudine. Queste ragazze e questi ragazzi sono soli perché non hanno più referenti politici. Mi auguro che qualche sparuto deputato di sinistra abbia l’intelligenza di portare in parlamento le istanze di questo movimento. Perché gli studenti e le studentesse sono già vittime di una organizzazione dell’università che da Ruberti in poi ha fatto strame del diritto allo studio, con riforme targate destra e sinistra, inventando triennalità ingannevoli, corsi inutili e proditorie moltiplicazioni di dipartimenti.

Gli studenti oggi hanno posto una domanda a chiunque si considera di sinistra oltre che a qualunque altro cittadino, lo hanno magari fatto maldestramente, rozzamente, chiedendo ai “fascisti” di uscire dall’università quando è chiaro che la loro richiesta debba apparire per forza anacronistica e fallimentare il giorno in cui Giorgia Meloni ha dichiarato in parlamento di non aver mai provato simpatia per il fascismo e che considera le leggi razziali la «peggiore infamia della storia d’italia». Lei è diventata democratica, in molti ne sono certi e personalmente voglio crederle, mi sto impegnando.

Devo dire però che sul «capitalismo buono» anche io ho qualcosa da ridire. La bontà è attributo nobile e affibbiarlo ad un sistema economico, il nostro, che sta distruggendo il Pianeta e demolendo il futuro, cioè la “terra straniera” dei giovani, non è solo una provocazione, è una colossale menzogna. E per crederci bisogna essere scemi completamente o completamente sudditi.
Io sono quindi dalla parte degli studenti e delle studentesse, che magari hanno sbagliato metodo di lotta (non ho capito che hanno fatto di male, ma qualcuno ce lo spiegherà), sono anacronistici (almeno quanto me) e sono immensamente soli e sole e non se lo meritano, perché la solitudine fa molto più male dei manganelli.