Quasi due anni dopo il 24 febbraio 2022, le sanzioni occidentali alla Russia non hanno ancora ottenuto l’effetto desiderato. Mosca sta riuscendo a continuare a finanziare la guerra in Ucraina, mentre in Europa e non solo inizia a intravedersi qualche segnale di stanchezza. Petrolio e gas russi continuano a fluire, anche se ora prevalentemente verso altri lidi. In particolare, ma non solo, India e Cina. Proprio ieri sono stati diffusi i dati delle dogane cinesi sulle importazioni di petrolio del 2023. Ebbene, la Russia ha scavalcato l’Arabia saudita ed è diventata il primo fornitore di greggio di Pechino, primo importatore al mondo.

Viste le turbolenze globali, che dall’Ucraina si sono ampliate al Medio oriente tra Gaza e il mar Rosso, con le azioni degli Houthi che mettono a rischio un canale a dir poco cruciale per il commercio globale, Cina e Russia sembrano voler mettere in sicurezza i loro rapporti energetici e commerciali. Negli ultimi due anni e con l’ampliamento delle sanzioni occidentali verso Mosca, la Repubblica popolare e l’India si sono mosse con convinzione sull’energia russa per acquistare grandi quantità di petrolio (e gas) a prezzi scontati.

Nel 2023, la Russia ha spedito in Cina la cifra record di 107,02 milioni di tonnellate di greggio, pari a 2,14 milioni di barili al giorno. Un aumento del 24,1% rispetto al 2022. Molto più di altri grandi esportatori di petrolio. Le importazioni dall’Arabia saudita, in precedenza il principale fornitore della Cina, sono scese dell’1,75% a 85,96 milioni di tonnellate, con diverse quote di mercato accaparrate dal greggio russo, più economico.

Secondo Reuters, le raffinerie cinesi si avvalgono di intermediari commerciali per gestire la spedizione e l’assicurazione del greggio russo, per evitare di violare le sanzioni occidentali. Gli acquirenti utilizzano anche le acque al largo della Malesia come punto di trasbordo per i carichi sanzionati provenienti da Iran e Venezuela. Non a caso, le importazioni etichettate come provenienti dalla Malesia sono aumentate del 53,7%.

Le percentuali di aumento indiane sono persino più elevate, anche se partivano da numeri più bassi. Attenzione però a concludere che Pechino si stia legando a doppio filo alle importazioni dalla Russia. Seppur su cifre molto minori, sono addirittura gli Stati uniti il fornitore di greggio che ha visto aumentare di più la sua quota di mercato in Cina. Le spedizioni da Washington sono infatti aumentate oltre l’81%, nonostante le tensioni strategiche e diplomatiche tra le due grandi potenze.

In altri settori, Pechino si sta però dimostrando ben più cauta. A partire da quello finanziario. Le banche statali cinesi stanno rafforzando le restrizioni sui finanziamenti ai clienti russi dopo che gli Stati uniti hanno autorizzato sanzioni secondarie sulle imprese che aiutano lo sforzo bellico di Mosca in Ucraina. Secondo Bloomberg, almeno due banche hanno ordinato una revisione delle loro attività in Russia nelle ultime settimane, concentrandosi sulle operazioni transfrontaliere, interrompendo i legami con i clienti che figurano nell’elenco delle sanzioni.

Anche sul gas, da parte cinese si procede a un ritmo meno incalzante di quanto potesse sembrare dopo l’annuncio della costruzione del nuovo gasdotto Forza della Siberia 2. Citato in più occasioni negli ultimi anni, il progetto procede ancora lentamente. Passando per la Mongolia, il gasdotto dovrebbe portare nel nord della Cina 50 miliardi di metri cubi di gas naturale all’anno che prima rifornivano l’Europa, offrendo un significativo impulso alla sicurezza energetica di Pechino. Ma la sensazione è che la Cina stia dando la priorità a un progetto alternativo col Turkmenistan, forse per ottenere condizioni ancora migliori con Mosca. O forse per far pesare il ruolo sempre più centrale nei calcoli energetici ed economici della Russia.