Non è il rifiuto dell’immigrazione, la difesa delle identità nazionali o il «no» ai diktat di Bruxelles. Se c’è un punto sul quale l’alleanza delle nuove destre, a cui ieri Salvini ha aggiunto un nuovo tassello, è già realtà, non va cercato tra gli slogan o i programmi elettorali, quanto piuttosto nell’attitudine geopolitica di queste forze. Ad unire il «fronte sovranista» è il volto, o se si preferisce l’ombra, di Vladimir Putin. Una fitta rete di rapporti, viaggi, incontri, scambi politici, e in alcuni casi anche economici, lega da tempo l’arcipelago nero con l’uomo forte del Cremlino.

NEL GIORNO DEL LANCIO del «manifesto sovranista» che dovrebbe aggregare forze oggi appartenenti a gruppi diversi in seno al parlamento europeo, anche Libération – che a Salvini e alla sua strategia ha dedicato per l’occasione la «copertina», ribadendo come sia lui «il nuovo Le Pen», l’unico in grado di coalizzare i movimenti nazional-populisti – ha sottolineato la vicinanza di questi ambienti alla politica e al potere di Mosca. Questo, mentre l’altro quotidiano progressista d’oltralpe, Le Monde, ha pubblicato una dettagliata inchiesta intitolata «Vladimir Putin, sponsor (parrain) dell’estrema destra europea».

CHE A PARIGI CI SI PREOCCUPI, e non poco, di quali sostegni internazionali goda Marine Le Pen, alleata di ferro della Lega e sempre testa a testa con Macron in vista delle europee, è comprensibile. Il tema riguarda, e coinvolge, però gran parte delle analoghe formazioni politiche in corsa per Bruxelles.

Così, se l’alleanza elettorale con Salvini, e per questa via con Le Pen, i tedeschi dell’Alternative für Deutschland l’hanno siglata solo ieri, le cronache hanno già registrato da tempo la medesima vicinanza al Cremlino dei loro nuovi compagni di viaggio. Nei giorni scorsi, la Bbc ha ad esempio reso noti i contenuti di un’inchiesta condotta sul conto del deputato dell’AfD Markus Frohnmaier che avrebbe chiesto apertamente aiuto ai russi per la propria campagna elettorale di due anni fa, promettendo in cambio «interventi di politica estera graditi a Mosca».

DEL RESTO, proprio in vista delle elezioni politiche del 2017, l’allora leader dell’AfD, partito che ha poi abbandonato denunciandone il crescente «estremisno», Frauke Petri, fu invitata nella capitale russa dal presidente della Duma, Vyacheslav Volodin, esponente di primo piano di Russia Unita, il partito di Putin. Era andata ancora meglio a Marine Le Pen, ricevuta al Cremlino da Putin in persona nel marzo del 2017, quando al voto per l’Eliseo non mancava che un mese. E lo stesso presidente russo, a riprova di una consuetudine, anche personale, nelle relazioni con gli esponenti dell’estrema destra, è stato la scorsa estate «l’ospite d’onore» al matrimonio della ministra degli Esteri austrica Karin Kneissl, eletta nelle fila dei liberal-nazionali dell’Fpoe, gli eredi di Haider legati da decenni al Carroccio.

QUANTO ALLA LEGA, dopo l’incontro tra Salvini e Putin a Mosca, avvenuto già nel 2014 – «abbiamo parlato di immigrazione, di pace, di imprese italiane, di valori comuni, di un’altra Europa possibile, scriveva all’epoca sui social il leader leghista -, basterà citare l’«accordo di cooperazione e collaborazione» tra il Carroccio e Russia Unita, siglato, sempre nella capitale russa, ma nel 2017, da Salvini e Sergey Zheleznyak, tra i responsabili delle relazioni internazionali del partito putiniano, cui sono seguite altre trasferte moscovite del vicepremier.

Per quanto aprezzino Trump, dall’Ungheria alla Francia, passando per il Regno Unito e il nostro paese, i sovranisti, come l’estrema destra «dura e pura», sono infatti schierati ovunque con Putin, e viceversa. La «Russia connection», come il ricercatore del Political Capital Institute di Budapest, Péter Kreko ha ribattezzato questo intreccio di rapporti, funzionerebbe poi su due livelli. Uno politico, esplicito – Aleksandr Dughin, tra gli ideologi di Putin, arrivò perfino a rendere pubblica la lettera di sostegno inviata a Nikos Michaloliakos, il capo dei neonazisti greci di Alba Dorata arrestato dopo l’assassinio del rapper Pavlos Fyssas – e l’altro più opaco, legato al possibile supporto economico o «tecnico» offerto dal Cremlino a partiti e movimenti nazionalisti.

A quest’ultimo filone fanno riferimento Giovanni Tizian e Stefano Vergine ne Il libro nero della Lega, appena pubblicato da Laterza, parlando di un possibile finanziamento di tre milioni trattato dalla Lega con il Cremlino in vista delle prossime europee. Circostanza però seccamente smentita dai leghisti.