La decisione israeliana di legalizzare nove colonie nella Cisgiordania occupata ha spinto ieri Italia, Germania, Francia, Regno unito e Stati uniti a firmare una dichiarazione critica nei confronti del governo Netanyahu.

«Siamo profondamente turbati – recita il comunicato congiunto dei cinque ministri degli esteri – dall’annuncio del governo israeliano che anticipa 10mila unità di insediamenti e intende iniziare un processo per normalizzare nove avamposti finora ritenuti illegali dalla legge israeliana. Ci opponiamo fermamente a queste azioni unilaterali che serviranno solo a esacerbare le tensioni e a minare gli sforzi per raggiungere una soluzione negoziata a due Stati».

«SMETTETELA di essere turbati. Nove avamposti non bastano. Ne vogliamo molti di più», ha però replicato il ministro della sicurezza pubblica di Israele, Itamar Ben Gvir, mentre Mahmoud Majed Al-Aydi, un ragazzo palestinese di 17 anni, moriva in un raid dell’esercito israeliano a sud di Tubas.

Se le diplomazie si limitano alle dichiarazioni, ha suscitato un vespaio la decisione della sindaca di Barcellona, Ada Colau, di congelare le relazioni con Israele e in particolare il gemellaggio tra la città catalana e Tel Aviv, siglato nel 1998 all’interno di un accordo che include anche Gaza in un improbabile «triangolo della cooperazione».

«Non possiamo più tacere di fronte alla violazione flagrante e sistematica dei diritti umani», ha scritto Colau in una lettera indirizzata a Netanyahu, sottolineando che non si tratta di un atto di discriminazione nei confronti della popolazione ebraica ma di una censura del suo governo.

La sindaca ricorda che le organizzazioni internazionali Human Rights Watch, Amnesty International e l’israeliana B’Tselem «hanno denunciato che le pratiche dello stato di Israele contro la popolazione palestinese, come l’apartheid e la persecuzione, possono essere considerati dei crimini contro l’umanità». «Non possiamo (…) chiudere gli occhi di fronte a una violazione ampiamente documentata da decenni dagli organismi internazionali», ha scritto la sindaca annunciando la sospensione delle relazioni «finché le autorità israeliane (…) non si atterranno agli obblighi imposti dal diritto internazionale e dalle risoluzioni dell’Onu».

LA LEADER dei Comuns ha voluto dar seguito alla campagna «Barcellona contro l’apartheid» lanciata dal coordinamento “Basta complicità con Israele” formato da 112 organizzazioni. Colau ha però bruciato i tempi con un’ordinanza, suscitando le ire del centro-destra: Junts, Ciudadanos e PP hanno chiesto un consiglio straordinario sull’iniziativa della sindaca.

Visti i rapporti di forza nell’aula consiliare e in un clima esacerbato dalle imminenti elezioni comunali, saranno i socialisti – soci dei Comuns al governo della città – ed Esquerra Republicana a decidere le sorti del provvedimento. Le forti critiche mosse sia contro il carattere unilaterale sia contro la sostanza dell’ordinanza lasciano presagire che la plenaria del 24 febbraio potrebbe bocciarla.

A sostegno di Ada Colau si sono espressi invece quattro premi Nobel (tra i quali Annie Ernaux), attori come Viggo Mortensen e Susan Sarandon ma anche Angela Davis, Arundhati Roy e Naomi Klein e l’ex vicepresidente dell’Europarlamento Luisa Morgantini. L’Associazione catalana degli ebrei e dei palestinesi ha definito «coraggiosa» l’iniziativa, difesa anche dalla European Jewish for Just Justice.

Inappellabile, invece, la condanna da parte del ministero degli esteri israeliano e della Federazione delle comunità ebraiche spagnole; secondo quest’ultima, quella di Ada Colau sarebbe addirittura una forma di «sofisticato antisemitismo». Sulla stessa scia il Partito popolare: il sindaco di destra di Madrid, Almeida, ha invitato il primo cittadino di Tel Aviv a stringere un gemellaggio tra le due città mentre la presidente della Comunità di Madrid, Díaz Ayuso, ha compiuto una visita istituzionale di due giorni in Israele.