La terza edizione del «Forum of alternatives to uberisation» è stata organizzata da Leila Chaibi, europarlamentare in carica con France Insoumise, appartenente al gruppo The Left (Gue/Ngl) Bruxelles il 7 e l’8 settembre. All’incontro hanno partecipato attivisti, sindacalisti e gig workers provenienti da tutto il mondo.

Al centro del dibattito si è imposta la discussione sull’approvazione della direttiva europea del lavoro di piattaforma, che dovrebbe ridefinire il quadro normativo degli stati membri dell’Unione Europea che sconta su questo tema un colpevole ritardo. I platform workers hanno protestato negli ultimi anni, in maniera particolare rider e driver anche durante la pandemia, e hanno rivendicato il riconoscimento delle tutele minime e dei diritti del lavoro dipendente, in quanto sono lavoratori a tutti gli effetti.

L’assemblea generale dei lavoratori di piattaforma si è riunita nella sede di SMart Belgio a Bruxelles il 7 settembre. Qui i fattorini, gli shopper, i driver, i tasker e i cleaner hanno avuto la possibilità di confrontarsi sui risultati ottenuti dal movimento e sul comportamento delle multinazionali. La direttiva europea può essere importante a condizione che riesca a condizionare sia gli ordinamenti nazionali degli stati membri e orientare le altre legislazioni extra-europee. Sempre che la lobby delle multinazionali non riesca a neutralizzare questi intenti. Basti pensare alle agli «Uber files».

L’8 settembre si è tenuto il Forum in Parlamento. Le delegazioni dei lavoratori hanno avuto la possibilità di dialogare con accademici e politici. E hanno avuto anche la possibilità di unirsi alla mobilitazione transazionale dei tassisti contro Uber, in sciopero per la difesa del servizio pubblico. Più di duemila autisti, provenienti da tutta Europa, hanno congestionato le strade della capitale belga.
Alla fine della giornata, le rappresentanze dei lavoratori hanno incontrato al Parlamento Europeo gli esponenti dei verdi (Kim Van Sparrentak), della sinistra radicale (Leila Chaibi) e del gruppo dei socialisti democratici (Elisabetta Gualmini, del Partito Democratico) che stanno seguendo la discussione parlamentare sulla direttiva e presenteranno emendamenti e correzioni del testo. Non hanno partecipato i parlamentari del gruppo dei moderati, dei popolari e dei liberali.

Le richieste da parte dei gig workers sono state unanimi: porre un limite all’abuso del modello del falso lavoro autonomo e occasionale, grazie al quale le piattaforme sottraggono diritti fondamentali ai lavoratori quali salario minimo, malattia, ferie, maternità/paternità e accesso ai servizi di previdenza sociale, diritti sindacali.

In questa discussione è anche importante la possibilità di ottenere il riconoscimento dello status del lavoro dipendente attraverso l’aggiornamento degli indici di subordinazione, e in presunzione di essa. Se ad esempio un’azienda esercita sui lavoratori un potere direttivo, determinando le modalità di svolgimento della prestazione d’opera e i tempi di produzione, allora in quel caso si tratta di lavoro subordinato e un contratto di lavoro va stipulato.

Un altro aspetto rilevante della direttiva è l’inversione dell’onere della prova che mette nelle condizioni i ricorrenti di non essere più loro a dover dimostrare di essere dipendenti. Le aziende devono dimostrare che non lo sono, agevolando di fatto chi impugna il contratto per ottenere pieni diritti. Da ultimo è emersa l’urgenza di incentivare la contrattazione, soprattutto sul tema del funzionamento dell’algoritmo, che deve essere vigilato dalle rappresentanze dei lavoratori e diventare oggetto di negoziazione tra le parti sociali.