Ieri la procura di Roma ha avviato un fascicolo di indagine in relazione alla scomparsa in Messico di tre cittadini italiani di cui si sono perse le tracce il 31 gennaio scorso.

AL MOMENTO, benché la Farnesina abbia fatto sapere di seguire le evoluzioni, i misteri sono ancora tanti; al contrario ben poche – anzi nulle – sono le informazioni fornite dalle autorità messicane. Raffaele Russo, 60enne di Napoli, viveva da tempo in Messico. Faceva l’ambulante, il «magliaro» come l’ha definito uno dei figli. Russo, il 31 gennaio, scompare. Un figlio e un nipote si mettono alla sua ricerca, su richiesta dei familiari; uno dei figli di Russo è ora in Italia e ha cercato di ricostruire la vicenda. Antonio e Vincenzo dunque cominciano dal punto in cui Raffaele sarebbe scomparso, grazie al gps della sua auto noleggiata.

«QUANDO SONO ARRIVATI, racconta uno dei figli tornato in Italia, non hanno trovato né la macchina né mio padre. Hanno chiesto alla gente, ma nessuno aveva visto nulla».

I DUE RAGAZZI, poi, si sarebbero fermati a fare benzina in un distributore. E lì sarebbero stati avvicinati da diversi poliziotti a bordo di due moto e un auto, che hanno intimato loro di seguirli. «Antonio è riuscito a mandarmi una serie di messaggi con Whatsapp – dice ancora Daniele – ma ad un certo punto anche i loro telefoni sono risultati spenti». Tutto quanto è accaduto a Tecaltitlan, città dello stato di Jalisco, nota per la sua criminalità. Ad oggi per i tre scomparsi non è arrivata nessuna richiesta di riscatto, benché i familiari tendano a sottolineare l’attività lavorativa senza ombra di Raffaele Russo, escludendo dunque collegamenti con criminalità legata al narcotraffico. Il Jalisco è oggi lo stato con il più alto numero di desaparecidos in Messico; il fenomeno delle sparizioni, inoltre, aumenta ogni anno. (red. est.)