L’Ucraina chiede «più armi subito» perché «non c’è tempo» e a Ramstein il blocco occidentale annuncia miliardi di nuove forniture. Ma da cosa nasce questa premura? In altri termini, c’è una reale urgenza determinata dalla situazione sul campo oppure si tratta solo di una strategia comunicativa?

Dopo 11 mesi di guerra i fronti aperti si localizzano nel Donbass e lungo la costa orientale del Mar Nero. In queste aree si attende (e si teme) l’iniziativa militare in primavera. Entrambi gli eserciti sarebbero in attesa del miglioramento delle condizioni meteorologiche per muoversi, dato che il terreno in questo momento non permette l’avanzata di mezzi corazzati che pesano tonnellate e il rischio di impantanare intere colonne di soldati in movimento è alto.

SOPRATTUTTO SE si considera il fatto che le manovre d’avanzata sono sempre più complesse di quelle di difesa e richiedono un’organizzazione molto elaborata. Tale ragionamento non si applica più soltanto alle truppe russe che sono in terra straniera, ma, grazie all’ex capo di stato maggiore congiunto delle forze d’invasione Surovikin, coinvolge anche i reparti ucraini.
Il generale russo, infatti, è arrivato al comando in un momento in cui l’esercito russo sembrava allo sbando.

La regione di Kharkiv era stata persa sotto la spinta della controffensiva autunnale ucraina, nel Donetsk le forze di Kiev premevano su diversi centri strategici e la mobilitazione dei 300mila coscritti sembrava non aver sortito nessun effetto.

Surovikin ha riorganizzato il terreno prendendo decisioni importanti come quella di abbandonare Kherson ovest per permettere la ritirata di almeno 15mila uomini oltre il fiume Dnipro. In seguito ha fatto costruire chilometri di trincee e fortificazioni nel Lugansk e nell’area di Zaporizhzhia mentre dava ordine all’artiglieria di bersagliare le grandi città ucraine nelle retrovie.

MOLTO PROBABILMENTE oggi per i militari di Zelensky sarebbe molto più difficile sfondare le difese russe come qualche mese fa e i vertici di Kiev non possono non saperlo. Anzi, i media russi hanno rilanciato una dichiarazione attribuita a Vladimir Putin nella quale il leader chiede al nuovo comandante delle forze d’invasione, Valeri Gerasimov, di «liberare il Donbass» entro marzo.

Anche se i tempi appaiono stretti, è importante registrare che l’area resta una priorità di Mosca. Gli altri punti di interesse sono sicuramente le zone costiere che permettono al Cremlino di collegare la Crimea al territorio della Federazione russa. C’è inoltre la possibilità che dalla Bielorussia parta una nuova offensiva diretta a Kiev.

Si tratta solo di un’eventualità e non abbiamo elementi decisivi a supporto di questa tesi, ma da Mosca i riferimenti a un nuovo piano di invasione da nord non sono così sporadici. Non si dimentichi che Putin potrebbe presto annunciare una nuova mobilitazione, proprio in vista dell’offensiva primaverile.

DAL CANTO LORO, gli ucraini non possono permettersi di restare sulla difensiva e subire la pioggia di missili russi a lungo. Del resto, la rosa delle possibilità a disposizione dello stato maggiore di Kiev è abbastanza limitata e potremmo riassumerla in due scenari.

Una sortita verso Melitopol per spezzare il dominio russo sulla costa del Mar Nero che permetterebbe di liberare la zona orientale dell’oblast di Kherson e di isolare la Crimea (dato il danneggiamento del ponte che la collegava al territorio russo). Oppure un’avanzata verso il Lugansk per tentare di riconquistare Severodonetsk e Lysychansk e alleggerire i reparti impegnati nella difesa di Bakhmut.

Proprio intorno a Bakhmut le forze di Mosca stanno ottenendo qualche successo. Soledar è stata conquistata dopo durissimi combattimenti e i russi continuano a insistere per preparare il terreno a quella che si prospetta come una primavera di sangue.