«In America Latina succedono poche cose che non hanno qualche tipo di relazione, diretta o indiretta, con il calcio», disse una volta Eduardo Galeano. Chissà cosa avrebbe pensato il compianto scrittore uruguayano della finale di Coppa Libertadores che si giocherà tra poche ore: Boca Juniors contro River Plate. È la prima volta nella storia. A Buenos Aires il calcio è ovunque: 66 stadi di varie categorie, 12 club nella massima serie. Il derby più importante nella finale più ambita, però, rappresenta un evento straordinario. La città trattiene il fiato ormai da dieci giorni.

LE SEMIFINALI
Precisamente dalle 23.43 di mercoledì 31 ottobre, dall’istante in cui Wilmar Roldàn ha soffiato per la terza volta in un fischietto nel mezzo dello stadio del Palmeiras, a San Paolo. Il direttore di gara colombiano si è assunto la responsabilità di sancire il passaggio di turno del Boca.

Il River attendeva di conoscere la rivale già da un giorno. Ventiquattro ore prima, a Porto Alegre, aveva eliminato il Gremio. Gol al 95′ su un rigore fischiato dopo una segnalazione dei tecnici del Var. L’incontro è terminato con quattordici minuti di recupero, una maxi rissa e la fuga dell’arbitro Andrés Cunha scortato dalla polizia.

La squadra brasiliana ha presentato ricorso perché il tecnico avversario, Marcelo Gallardo, ha incontrato i suoi giocatori nello spogliatoio durante l’intervallo nonostante fosse squalificato. Ma non c’è stato niente da fare.

IL CLIMA
Intanto il clima è sempre più caldo. Nel centro della capitale, un tifoso del Boca è stato ucciso dal cognato del River dopo una discussione sul match. In provincia, una rissa calcistica tra vicini è terminata con una casa incendiata. In tutto il paese si moltiplicano le richieste di giorni di ferie e malattia a ridosso della partita. Diversi matrimoni sono stati rimandati. Una coppia ha battezzato il figlio River Plate.

Dall’altra parte del mondo, i sostenitori dello Zenit San Pietroburgo accusano Leandro Paredes di essersi fatto espellere volontariamente per saltare l’incontro successivo, con il Cska Mosca, e volare a Buenos Aires: l’ex calciatore della Roma non ha risposto alle critiche, ma la sua presenza è confermata sugli spalti della Bombonera.

I PRECEDENTI
Fino al 2018, in 85 anni di calcio professionistico argentino, Boca e River avevano giocato soltanto una finale. Il 22 dicembre 1976, nello stadio del Racing, il Boca sconfisse il River 1 a 0 vincendo un campionato che era diviso in due, metropolitano e nazionale, e si concludeva ai play-off. Rubén Suñé infilò su punizione un gol di cui sono rimaste soltanto delle fotografie: la leggenda racconta che un militare del River, durante la dittatura, fece sparire l’unico video dell’azione.

Il 15 marzo di quest’anno, invece, i due club si sono giocati la Supercoppa argentina: 2 a 0 per il River sul campo del Godoy Cruz, nella città di Mendoza. Le due finali precedenti, comunque, non possono essere considerate neanche l’antipasto di quella in arrivo.

ANDATA E RITORNO
È l’ultima volta che il massimo trofeo latinoamericano sarà assegnato su due turni. Dalla prossima edizione si disputerà una sola finale, secca. Come in Champions League. Regole e modelli Uefa condizionano pesantemente il calcio dell’emisfero australe. Del resto, la stessa Libertadores nacque nel 1960 per trovare una sfidante intercontinentale alla squadra vincitrice della vecchia Coppa dei campioni. Oggi come allora, il centro economico del mercato globale del calcio è il vecchio continente. Secondo il sito specializzato transfermarkt, le rose complete di Boca e River valgono rispettivamente 115 e 74 milioni di euro. Le due punte della Juventus, Paulo Dybala e Cristiano Ronaldo, costano 110 milioni a testa. La Juventus al completo 783. Per non parlare di Barcellona, Manchester e Real: superano il miliardo.

La partita di andata si giocherà nella cornice della mitica Bombonera. Uno dei templi del calcio mondiale, a forma di D, con 49mila posti a sedere, spalti impennati sopra le linee di bordocampo e biglietti introvabili. L’impianto si trova nel famoso quartiere della Boca, per tanti anni barrio tano, popolato dagli emigranti italiani (soprattutto genovesi) che sbarcavano a Buenos Aires, e oggi spazio urbano al centro di torsioni differenti, tra gentrification, turismo e persistenza di un’anima popolare.

Il ritorno è previsto per sabato 24 novembre nell’imponente Monumental. Lo stadio può contenere fino a 61mila corpi ed è situato tra Belgrano e Nuñez, due delle zone più facoltose della capitale argentina. L’ovale fu chiuso con il secondo anello della curva sud in occasione dei Mondiali del 1978. Il dittatore Jorge Rafael Videla non voleva che la finale si giocasse nel Cilindro di Avellaneda, il campo del Racing costruito da Juan Domingo Peròn (di cui adesso porta il nome) in mezzo a un enorme quartiere operaio.

UN SOLO TEMPO
L’ultima volta che Boca e River si sono incrociate in una partita di Coppa Libertadores si è giocato soltanto un tempo. Era il 14 marzo 2015, ritorno del quarto di finale, stadio gialloblù. Prima dell’inizio della ripresa Adrián Napolitano, detto il «Panadero», riuscì a infilare un ordigno artigianale allo spray urticante nel tunnel degli ospiti, che per uno scherzo architettonico si addentra nello stomaco della curva più calda. Risultato: cinque giocatori del River in ospedale con ustioni di primo grado, sconfitta a tavolino per il Boca, Bombonera squalificata per diverse giornate, il «Panadero» bandito dagli stadi.

TENSIONI SPORTIVE E SOCIALI
I problemi di ordine pubblico hanno tenuto banco nel dibattito politico appena si è materializzata la possibilità del superclásico in finale. Le date dei match sono state cambiate per evitare la sovrapposizione con il G20, che si terrà a dieci isolati dal Monumental appena tre giorni dopo la partita di ritorno. In controtendenza, il presidente della nazione Mauricio Macri, che ha usato il Boca come trampolino di lancio per la sua carriera politica, ha chiesto che le partite fossero accessibili anche ai tifosi ospiti, «come simbolo di maturità». Una circostanza che in Argentina non si verifica da cinque anni, da quando una lunga serie di morti e feriti ha portato al divieto definitivo di tutte le trasferte di campionato. Alla fine, come di consueto, saranno presenti solo i tifosi di casa.

La finalissima è entrata a gamba tesa nel dibattito politico argentino, mettendo temporaneamente in fuori gioco le questioni legate alla drammatica situazione economico-sociale. Nel corso dell’anno, il pesos si è svalutato fino al 122% rispetto al dollaro: il crollo monetario più pesante a livello planetario. Il 30% della popolazione vive sotto la soglia di povertà, con milioni di persone che non hanno accesso ai beni di prima necessità. L’accordo da 50miliardi di dollari con il Fondo monetario internazionale, con le relative politiche di aggiustamento strutturale, incombe sul futuro prossimo di tutti gli argentini.

LE VOCI
«C’è un clima strano – racconta Franco Ciancaglini, tifoso del River – in tutte le case, in tutti i bar, in tutte le strade non si parla d’altro. Ma la situazione sociale è esplosiva, tutti i discorsi si politicizzano immediatamente. Questa finale si giocherà con l’immaginario di dicembre latente nella testa di tutti». Dicembre è il mese della rivolta del 2001 che mise in fuga il governo De La Rùa e i tecnici dell’Fmi. «Sono molto nervoso. Siamo tutti molto nervosi – dice Roberto Parrottino, supporter del Boca – La città è piena dei simboli delle due squadre: alle finestre, sugli autobus, ovunque. Ma tutti sanno che la partita è anche un’occasione per confondere le tensioni dovute alla grave crisi che stiamo vivendo».

«La finale segnerà un prima e un dopo – sostiene Nacho Yuchark – Questa sfida ha una dimensione sociale enorme, sebbene le misure adottate dal governo negli ultimi anni abbiano fatto allontanare tanta gente dal calcio. Siamo stanchi dell’uso dello sport che fanno i partiti e soprattutto siamo stanchi di questa classe politica».

«Da alcuni anni ho smesso di seguire il calcio professionistico con la stessa passione di prima – afferma Nicanor Guerri – Certo che guarderò questa partita, è impossibile non farlo. Io che ho sempre tifato Boca, però, spero vinca il River: voglio vedere la delusione sulla faccia di Macri, che con il suo governo sta distruggendo l’Argentina».

Il calcio d’inizio sarà alle 21 italiane. Il ritorno tra 15 giorni. Difficile credere che lo scontro si limiti ai 180′ o al rettangolo verde.