Nel 2021 tra i circa 54mila detenuti presenti nelle carceri italiane 3.385 hanno frequentato un corso di alfabetizzazione: non sapevano né leggere, né scrivere. Tra loro 3mila stranieri e oltre 300 italiani (620 nel 2019-2020). Altri 4.140 si sono iscritti ai corsi del primo ciclo di istruzione, che comprende le scuole elementari e medie. In totale sono due detenuti ogni 15. Anche da simili numeri, raccolti nel ricco volume «Mappe e dati» della Relazione al parlamento 2022 presentata ieri dal Garante nazionale, viene fuori uno spaccato significativo di chi finisce in carcere. «La povertà culturale e la minorità sociale si vedono anche in questo», commenta Daniela De Robert, componente del collegio dell’autorità garante delle persone private della libertà personale.

Cultura e istruzione possono essere strumenti centrali sia per prevenire i fenomeni di delinquenza, sia per offrire un orizzonte di riscatto a chi è finito dietro le sbarre. Soprattutto per minori e giovani adulti (i ragazzi fino a 25 anni). Al 31 marzo di quest’anno erano 358 quelli presenti nei 17 istituti penali a loro riservati, con un aumento di ragazzi incarcerati per reati gravi e di gruppo soprattutto al nord. «A livello minorile c’è un’attenzione molto più forte sia da parte dell’amministrazione penitenziaria che di quella scolastica. Per queste persone lo studio è essenziale e con numeri più piccoli si può far funzionare meglio», continua De Robert.

Per completare il quadro dell’istruzione in carcere, lo scorso anno scolastico altri 6.061 detenuti hanno partecipato a corsi di istruzione superiore e 1.246 all’università. Questi ultimi hanno scelto percorsi di studio soprattutto nelle aree politico-sociale (27%), letteraria-artistica (18%) e giuridica (16%). Tra adulti e minori in 476 hanno ottenuto il diploma e in 39 la laurea.

I numeri dei detenuti che studiano sono tornati mediamente sui livelli pre-covid. Dopo due anni difficili, con lezioni interrotte o a singhiozzo, l’istruzione negli istituti penitenziari è tornata a regime. Sebbene permangano numerose difficoltà «nel dare effettiva continuità» e nel «garantire supporto e tutoraggio agli studenti detenuti». Mentre ancora troppo pochi sono gli spazi di espressione culturale.

Guardando ai numeri complessivi della popolazione carceraria il 2021 si caratterizza per un saldo ingressi-uscite di tipo negativo che non ha precedenti negli ultimi 10 anni. A fronte delle 36.539 persone finite dietro le sbarre, 46.598 hanno riguadagnato la libertà. In ogni caso secondo il garante i quasi 54mila detenuti restano troppi. Nelle carceri italiane, sostiene, non dovrebbero essercene più di 40mila. Anche perché circa 3.800 persone vi sono state rinchiuse in seguito a condanne inferiori ai due anni: hanno quindi commesso reati poco gravi e per loro il carcere può essere soltanto una sottrazione di tempo, senza alcuno scopo rieducativo (nemmeno presunto).

Significativo è il dato di genere che riguarda il tasso di detenzione ogni 100mila abitanti. Nel 2021 si ha un detenuto ogni 556 maschi residenti nel paese, ma una detenuta ogni 13.516 residenti di sesso femminile. Incrociando genere ed età, a delinquere maggiormente sono gli uomini tra i 30 e i 34 anni: uno ogni 430 va in carcere.

Infine la questione suicidi: lo scorso anno 59 persone si sono tolte la vita mentre erano private della libertà personale.