La compagnia energetica polacca Pgnig ha firmato con la Cheniere Marketing International un contratto della durata di 24 anni per la fornitura di gas naturale dagli Stati uniti.

IL PRESIDENTE DI PGNIG, Petr Voznjak, ha annunciato che i prezzi concordati «sono inferiori del 20-30% di quelli di Gazprom». A partire dal prossimo anno la Polonia riceverà circa 2 miliardi di metri cubi di gas dagli Usa, circa il 15% del suo fabbisogno, oggi coperto per un terzo dalla estrazione interna e per due terzi dal gas russo. Dmitry Medvedev ha accusato apertamente gli Usa di praticare una politica di dumping in campo energetico. «Il gas americano costa un 40% più del nostro, lo stanno vendendo sottocosto» ha sostenuto il capo del gabinetto russo.

GIÀ DA DUE ANNI – rivela il moscovita Vedomosti – gli Usa stanno conducendo una grande offensiva per fornire gas ai paesi europei. Nel 2017 hanno iniziato ad acquistare gas made in Usa la Gran Bretagna, la Lituania, i Paesi Bassi e Malta mentre Portogallo e Spagna hanno quintuplicati gli ordini rispetto all’anno precedente. E lo scorso 22 ottobre la stessa Germania ha deciso di acquistare gas americano per 500 milioni di metri cubi all’anno a un prezzo top secret, sperando che ciò acquieterà Trump sulla vicenda di North Stream 2.

UN’INEZIA PER UN PAESE che quest’anno acquisterà 7 miliardi di metri cubici dalla Russia, ma che dimostra quanto sia bellicosa la politica commerciale americana in questo settore. La guerra commerciale che oppone Washington a Mosca sulle rotte e le forniture di prodotti energetici (insieme al settore bellico) è in grado di sollevare il velo ideologico che avvolge la guerra fredda 2.0. Negli ultimi anni lo stesso Putin ha conquistato due preziosi alleati come Orbán e Erdogan soprattutto sventolando sotto il loro naso la carta energetica.

AL PRIMO, FORNENDO GAS a prezzi stracciati (un buon 50% di sconto sulla bolletta magiara) al secondo costruendo la pipeline Turkish Stream che dovrebbe soddisfare la fame energetica di un paese in rapido sviluppo. La stessa crisi ucraina, almeno in parte, può essere letta in questa chiave: il Donbass potenzialmente resta un grande produttore di carbone mentre sul suolo ucraino passano ancora gli oleodotti e i gasdotti che garantiscono elettricità a gran parte dell’Europa.

Anche per questo la Russia vuole stringere i tempi sulla costruzione di North Stream 2 il gasdotto con un potenziale di 55 miliardi di metri cubi annui che dal Baltico porterà ulteriore gas in Germania. Il settimanale russo Expert ha informato che al primo novembre erano già stati posati 200 chilomedi tubi sugli 880 previsti.