Cinquanta minuti. Se si somma il tempo occupato dai duetti di Fred Astaire e Ginger Rogers nei sette film della Rko che hanno costruito la loro inossidabile fama, non si arriva neanche a un’ora. Ma quel tempo è bastato per fare delle loro danze una rappresentazione inossidabile dell’amore romantico, quello che capita una volta sola nella vita e non finisce mai.
Quei sette film non erano i primi per Ginger e Fred. Non lo erano per lei, che nel 1933, quando per la prima volta si ritrovò a danzare con Fred in Carioca, era già famosa a Hollywood e a Broadway. Fred invece aveva finito il suo film d’esordio, La danza di Venere, dove aveva ballato con Joan Crawford, una partner alquanto impacciata, i cui limiti Astaire era riuscito a rendere quasi invisibili. Era esperto di partnering, Fred: a 34 anni, tanti ne aveva quando abbordò il cinema, proveniva da una strepitosa carriera teatrale, iniziata quando aveva appena sei anni assieme alla sorella Adele (un anno e mezzo più grande di lui).

DECINE DI SPETTACOLI avevano imposto i fratelli Astaire nel vaudeville, poi nei migliori teatri del West End londinese e di Broadway, e li avevano fatti accedere al bel mondo di artisti e aristocratici che ruotava attorno al teatro nei roaring Twenties. Un matrimonio altolocato privò Fred della sua partner ed ecco che dovette reimpostare la sua carriera.
«Non sa recitare. Non sa cantare. È calvo. Sa danzare poco»: queste le prime impressioni che sembra Fred destasse nei produttori di Hollywood, ma quasi di sicuro è una leggenda. Certo che bello lui non era: viso lungo, occhi grandi, orecchie a sventola, stempiato (difetto questo che il trucco avrebbe corretto). Eppure quell’uomo alto e dinoccolato seppe affascinare da subito le platee.

I SUOI PROVENTI ne risentirono: i diecimila dollari che ricevette per Carioca (dove lui e Ginger avevano ancora ruoli minori) crebbero coi sette successivi, in cui la coppia divenne protagonista: raddoppiarono con Cerco il mio amore, 1934, e Roberta, l’anno dopo, lo fecero di nuovo con Cappello a Cilindro (1935), e poi ancora con ognuno dei due film successivi (Follie d’inverno e Seguendo la flotta, ambedue del ’36): a partire da Cappello a cilindro la Rko gli dette anche una percentuale sui ricavi. Voglio danzare con te (1937) e Girandola (l’anno dopo) sono gli ultimi dei sette film che costruirono il mito della coppia.
I due si riproposero assieme in altri due film musicali. La storia di Vernon e Irene Castle (1938) è apprezzabile ma manca di glamour e si conclude colla morte di Vernon (alias Fred), il che, nella risplendente galassia dell’amore felice, è ovviamente impensabile. Ne I Barkleys di Broadway (1949) il cinquantenne Fred è ancora sottile ed atletico, ma la matronale Ginger ricorda appena la pepata biondina del decennio precedente. Guardiamola da vicino allora questa pleiade di gemme degli anni ’30. Sono commedie musicali il cui plot ha una struttura fissa: innamoramento e seduzione, malintesi, riconciliazione.

Oltre ai duetti, la drammaturgia comprende parti recitate, assoli di Fred e talora un finale con un corpo di ballo che lancia la danza di sala del momento: il romantico Continental in Cerco il mio amore, il Piccolino – tutto formazioni circolari alla Busby Berkeley – in Cappello a cilindro, lo scherzoso Yam in Girandola. Grandi caratteristi, regie quasi sempre azzeccate: ma la magia di questi film la fanno le danze, tutte coreografate da Astaire, con l’assistenza di un ballerino, Hermes Pan, che collaborerà con lui in ben diciassette dei suoi trentuno musical (inclusi tutti quelli con Ginger) e in tre degli special televisivi in cui l’anziano Fred prodigherà le sue magie di precisione e leggerezza.
Il suo stile era un blend fatto di tip tap, danze di sala e di quel training classico che rese le lunghe linee del suo corpo sempre pulite e armoniose. Fred cantava (dizione, nitidezza del fraseggio e il calore della voce lo fanno ancora apprezzare), era pianista (si divertiva a suonare a quattro mani con Gershwin) e compositore: un suo song, con lyrics di un paroliere di lungo corso come Johnny Mercer, divenne uno hit nel 1936.

PER APPREZZARE il suo talento di batterista, che fa risuonare qualsiasi oggetto e superficie, basta guardare «Drum Crazy», il primo «numero» di Ti amavo senza saperlo. Per comporre danza Astaire aveva bisogno del suo pianista e di un batterista. Stacchi, riprese, variazione di tempi mostrano i suoi debiti verso il jazz.
I suoi film di maggior successo coincidono con l’epoca d’oro di Tin Pan Alley. Non solo l’amico Gershwin, ma Irving Berlin, Jerome Kern e Cole Porter amarono comporre songs per lui e per la sua capacità di visualizzare melodie e ritmi di musiche semplici, sì, ma solo in apparenza. Astaire se ne ispirava per intricate tessiture di passi, ne esaltava l’acme drammatico con una presa, un allaccio della partner carico di sentimento. Fu sempre Fred a comporre la danza di Ginger, avvalendosi in prova di Hermes, che poi insegnava all’attrice il suo ruolo. Era Hermes a doppiare il tip tap di Ginger: infatti se in Carioca i suoni prodotti dai ballerini e la musica venivano ancora catturati assieme, fu la tecnica della post-sincronizzazione poi a garantire prodotti perfetti.

LE COREOGRAFIE DI FRED erano partiture dettagliatissime in cui non c’era spazio per il caso. Ma fu Ginger a intuire che la danza portava avanti il plot solo se era sottilmente interpretata: e fu così che i duetti con Fred, ora più giocosi, ora decisamente appassionati acquisirono un alone speciale. A chi si lamentava che nei loro film non c’erano baci appassionati, Fred ribatteva che il compito delle loro routine di danza era proprio dire «ti amo». Ecco allora le prese insistenti di Fred e le ritrosie civettuole di Ginger, i giochi di sguardi, gli accordi all’unisono che raccolgono lo spazio, gli abbandoni voluttuosi dei backbend di lei, coi suoi abiti morbidi e spumeggianti che suggeriscono la caduta delle difese, l’ebbrezza della fusione amorosa.

NESSUN’ALTRA PARTNER di Fred riuscì a creare con lui a tal punto il senso della fusione di coppia: le rotondità del corpo di lei erano complementari alle linee sicure di quello di lui, l’arrendevole bellezza bionda da pin up di Ginger esaltava la mascolinità di Fred. Troppo competitiva rispetto ad Astaire sarebbe stata la formidabile tapper Eleanor Powell, troppo bella Rita Hayworth, che spodestò Fred della scena squilibrando la coppia: altre bravi attrici seppero supportare Astaire in duetti incapaci però di calamitare i sogni degli spettatori.
Mezzo secolo dopo Fellini avrebbe ritratto nel suo Ginger e Fred un duo di vecchi ballerini di provincia (Mastroianni e la Masina) che cercano vanamente di rispolverare le vecchie glorie. I veri Fred e Ginger non ne hanno avuto bisogno: a renderli mito ci ha pensato il cinema.