Fa discutere la nomina della salernitana Maria Rosaria Campitiello a capo dipartimento della prevenzione, della ricerca e delle emergenze sanitarie del ministero della salute, firmata dal consiglio dei ministri lo scorso 21 giugno. Campitiello, già responsabile della segreteria tecnica del ministro Orazio Schillaci e ora promossa al grado più alto del Ssn, coordinerà le attività di prevenzione, tutelerà la salute sul lavoro, promuoverà la ricerca, vigilerà sulle frontiere e gestirà le crisi sanitarie. Molti hanno sottolineato l’«amichettismo» della scelta: Campitiello è la compagna di Edmondo Cirielli, sottosegretario agli esteri e ras campano di Fratelli d’Italia. Tra i sanitari invece preoccupa l’inesperienza della trentanovenne Campitiello. Non tanto per l’età e nemmeno per i dubbi sulla sua attività di ricerca. La dottoressa è autrice di pochissime pubblicazioni, in buona parte sintesi di lavori altrui, e i suoi rari studi originali presentano diverse anomalie come segnala il sito di fact checking scientifico Pubpeer. Ma le ricerche sospette al ministero della salute ormai non fanno più notizia.

IL PROBLEMA più grave è che Campitiello non ha alcun background in ambito epidemiologico e di sanità pubblica, le principali competenze che le si richiedono. Alla guida della prevenzione, prima di lei si erano succeduti Gianni Rezza, uno dei massimi esperti di epidemie in Italia, e il discusso Francesco Vaia, che in tempo di Covid aveva comunque diretto l’istituto per le malattie infettive «Spallanzani». Campitiello invece è specializzata in ginecologia e prima che il governo Meloni la issasse la ministero si è occupata solo di procreazione medicalmente assistita (Pma). Un po’ poco per rilanciare un settore in cui la metà delle regioni italiane è sotto i Livelli essenziali di assistenza (Lea).

LA PROFESSIONISTA però si occupa di natalità e vanta ottime relazioni con la sanità privata, due doti apprezzate dal governo. Il sodalizio più forte riguarda il colosso mondiale della Pma Ivirma, fondato nel 1990 a Valencia (Spagna) dai ginecologi José Remohì Gimenez e Antonio Pellicer. L’Ivirma, da poco acquisito dal fondo d’investimento Kkr per tre miliardi di euro, fattura 800 milioni l’anno e possiede quasi 200 cliniche in quindici paesi del mondo tra cui l’Italia. Grazie ai suoi trattamenti nascono circa 40.000 bambini ogni anno. All’Ivirma e nelle società oggi controllate dal gruppo iberico Campitiello ha lavorato prima di approdare al ministero. La neo-dirigente ha inoltre conseguito il dottorato di ricerca all’università di Valencia sotto la supervisione di Remohì Gimenez e di Antonio Requena, rispettivamente fondatore e direttore medico di Ivirma. Lo scorso 27 aprile Campitiello ha discusso una tesi di dottorato sull’impatto del Covid-19 sulle cliniche della società, più che altro un collage di ricerche già pubblicate da Remohì e Requena, i quali però garantiscono sull’originalità. Non partirà dunque nessuna denuncia per plagio, perché per Ivirma l’amicizia con Campitiello potrebbe rivelarsi utilissima.

IN ITALIA il business privato della Pma sta per decollare e la ginecologa, che è anche vice-coordinatrice del tavolo tecnico sulla Pma e membro del gruppo di lavoro sui Lea, avrà un ruolo decisivo in questa partita almeno finché nessuno solleverà il problema del conflitto di interessi.

DAL 2025, i nuovi Lea imporranno alle Regioni di garantire alle coppie l’accesso alla Pma pagando solo il ticket. Il governo intende risolvere la crisi demografica non con gli asili nido ma con la medicina: possibilmente privata. L’obiettivo dei Lea è portare le nascite medicalmente assistite (oggi 17 mila) dall’attuale 4,2% al 7% del totale dei nuovi nati, un traguardo ambizioso visto che la media europea è al 3%. Per raggiungerlo le Regioni dovranno stipulare convenzioni con i gruppi privati da cui acquistare le prestazioni, dato che la sanità pubblica non ha il personale necessario per un simile balzo.

Il mercato che si apre vale oltre cento milioni di euro e fa gola a Ivirma. Antonio Pellicer – uno dei due fondatori – si è trasferito in pianta stabile a Roma. La posta lieviterà se passerà la proposta di offrire screening gratuiti di fertilità alle donne all’età di 20, 25 e 30 anni. Un’idea originale e meritoria che allargherà il mercato privato della diagnostica. La proposta arriva da un altro tavolo tecnico istituito dal ministro Schillaci su fertilità e stili di vita coordinato sempre da Maria Rosaria Campitiello.