Stavolta ci voleva coraggio per annunciare che si trattava di un «riposizionamento strategico», eppure gli uffici stampa russi hanno dimostrato ancora che in guerra la prima a morire è la verità. La controffensiva ucraina nella zona di Kharkiv, che da due giorni costringe i soldati del Cremlino a indietreggiare, in alcuni casi anche in modo evidentemente scomposto, è ormai un fatto corredato da prove.

Al momento quest’evento non cambia le sorti della guerra né dimostra chissà cosa, ma non possiamo esimerci dal sottolineare l’incredibile mossa strategica di Kiev. Anzi, potremmo forse trovare conferma della teoria che delineava la controffensiva di Kherson come un’operazione più mediatica che militare.
UNA TRAPPOLA per costringere Mosca a dislocare le proprie truppe, a muovere mezzi e armamenti, in altri termini, ad allargare significativamente il terreno delle operazioni. Molti analisti concordano sul fatto che i militari russi di stanza a Izyum e nelle aree a sud-est e a est di Kharkiv sono stati impiegati prima come reparti di supporto per la conquista di Severodonetsk e poi per Lysychansk.

In seguito, in teoria, tali uomini avrebbero dovuto essere mandati nelle retrovie a riposare, oltre il confine russo o nella terza linea nei pressi della frontiera. In quelle zone dove lo stato maggiore non avrebbe mai sognato di dover mettere in discussione la propria egemonia data la vicinanza delle basi russe e l’occupazione militare avvenuta nei primi giorni della guerra, ben sette mesi fa.

Invece quei reparti sono stati inviati a sud. Gli ucraini continuavano ad attaccare la Crimea e i depositi di munizioni nell’area di Kherson, ogni settimana un alto ufficiale annunciava che «presto» sarebbe partita la riscossa dei difensori. I russi erano avvertiti: «Abbandonare il terreno o perire». Un po’ esagerato, si pensava da fuori. È la solita guerra parallela, quella della comunicazione, ne abbiamo parlato più volte.
TUTTAVIA, AL DI LÀ della minaccia, i proclami e i bombardamenti hanno funzionato: i russi hanno deciso di rinforzare il fronte sud nell’eventualità di un’iniziativa ucraina. La quale c’è stata ma al momento non sembra aver riscosso particolare successo, nonostante gli annunci giornalieri di villaggi riconquistati e posti di comando distrutti. Si parlava da tempo di rinforzi e ricambi necessari per i militari russi dell’est, le voci e i report di parte anglo-americana che indicavano la fiacchezza delle forze armate di Mosca in questa zona e la difficoltà di conquistare nuovi territori in Donbass (in particolare Bakhmut e Soledar) si intensificano da settimane. Ma nel mare della propaganda di guerra era difficile dare credito ad analisi che delineassero una situazione così nera per il secondo esercito del mondo.

IERI, INVECE, IL MINISTERO della Difesa russo ha annunciato il ritiro delle truppe dalle aree di Balakliya e Izyum, ovvero le zone in cui la controffensiva ucraina ha compiuto i progressi più significativi nell’ultima settimana. Igor Konashenkov, portavoce del dicastero retto dal sempre più isolato Sergei Shoigu, ha spiegato che questi militari saranno dislocati nel Donetsk per completare la conquista del Donbass. Konashenkov ha spiegato che si tratterebbe di una manovra «per raggiungere gli obiettivi dichiarati dell’operazione militare speciale per liberare il Donbass». Ma non è credibile, in primis perché già ad aprile il ministro degli Esteri di Mosca, Sergei Lavrov, aveva definito il ritiro da Kiev come un «gesto di buona volontà» e un «riposizionamento strategico» verso obiettivi primari (come, appunto, il Donbass). In secondo luogo perché anche i necessari distinguo di un’analisi obiettiva stavolta sono messi in ombra dall’evoluzione degli eventi.

Ad esempio, se si considera la cosiddetta controffensiva primaverile delle truppe ucraine proprio nella zona di Kharkiv, il paragone è impietoso. A maggio assistevamo ai reparti russi incolonnati che lasciavano senza troppa fretta piccoli villaggi nei dintorni di Kharkiv riportando indietro mezzi e armamenti e attestandosi a poche decine di chilometri dall’effettiva linea del fronte. Ora Kupiansk è stata persa, la conferma è arrivata nella mattinata.

Forse anche Izyum è stata persa, stando ai video diffusi dalle forze speciali della 25ma Brigata aviotrasportata ucraina nelle periferie della città. La strada che portava rifornimenti alle avanguardie russe dalle zone occupate dell’oblast di Kharkiv al Donbass separatista non è più sicura, molti report parlano dei soldati russi a Izyum lasciati senza carburante e senza cibo. Persino le roccaforti di Lyman e Lysychansk risentono della forte spinta dei soldati ucraini.
FIN DOVE AVRANNO LA FORZA di arrivare i militari dell’esercito di Kiev non possiamo saperlo. Sappiamo però che anche la sola conquista di Izyum basterà a poter definire quest’operazione un indiscutibile successo ucraino e un’altrettanto indiscutibile disfatta russa.

Tutto ciò non accorcerà la guerra, non illudiamoci. Mosca reagirà, probabilmente in modo duro e gli ucraini forti di questo successo persisteranno nella loro strategia in attesa di riconquistare altre posizioni laddove possibile. E poi resistere all’avanzata russa e tornare in trincea, subire bombardamenti martellanti e chiedere armi, contrattaccare di nuovo mentre Putin stravolge la storia… E mentre l’Occidente plaude ipocritamente all’onore militare, i registri degli obitori delle città ucraine in guerra si allungano sempre di più.