Mai documentario ebbe un trailer altrettanto dirompente. In Putin Vs the West – la prima di un’indagine in tre parti sullo sfacelo dei rapporti fra la Russia e l’Occidente dal 2014 andata ieri in onda in prima serata su Bbc 2 – l’inaffondabile Boris Johnson rivela di aver ricevuto minacce missilistiche via telefono da Vladimir Putin lo scorso febbraio. Tramite il portavoce Peskov, Mosca ha immediatamente replicato che si tratta di «una bugia». Johnson avrebbe mentito, o al massimo frainteso.

Durante la lunga e «straordinaria» telefonata Downing Street-Cremlino, Johnson racconta di come stesse cercando di dissuadere Putin dal lanciare la sua invasione dicendogli che l’Ucraina non si sarebbe unita alla Nato «per il prossimo futuro». «A un certo punto mi ha minacciato e mi ha detto “Boris, non voglio farti del male ma, con un missile, ci vorrebbe solo un minuto” – o qualcosa del genere. Carino». Per poi aggiungere di non aver preso troppo sul serio la cosa: «Dal tono molto rilassato che assumeva, l’aria di distacco che mostrava, penso che stesse solo giocando con i miei tentativi di convincerlo a negoziare». La decisione di invadere era stata presa ormai da un pezzo, secondo il documentario. Al solito sprezzante la replica di Peskov, dal Moscow Times: «Non è vero – o più appropriatamente – è una bugia non ci sono state minacce con missili». Putin stava in realtà dicendo che se l’Ucraina avesse aderito alla Nato «il potenziale dispiegamento di missili Nato o Usa ai nostri confini significherebbe che qualsiasi missile potrebbe raggiungere Mosca in pochi minuti. Se tale passaggio è stato così percepito, è una situazione molto imbarazzante».

Nei resoconti rilasciati di prammatica alla stampa, dello scambio suddetto non v’è traccia: la trascrizione sarà dunque per forza nelle minute dettagliate delle telefonate ufficiali prese dai funzionari di Downing Street, che vengono poi archiviate. In ogni caso, la deflagrante dichiarazione dell’ex premier salta fuori in un momento tragico per la guerra come di stallo per la sua carriera, dovuto quest’ultimo proprio alla sua non esattamente inossidabile sincerità, di cui abbondano prove empiriche.
Nulla vieta che Johnson abbia detto la verità, come anche che lo accusino di essere un bugiardo. Non aiuta il fatto che lo sia, o lo sia stato. Ma quando ormai da mesi si sguazza nella propaganda, diventa quasi irrilevante.