La scena del jazz sudafricano, grazie anche al carismatico pianista Nduduzo Makhathini, vede tanti/e musicisti/e proporsi nell’ultimo periodo. L’attività concertistica ruota attorno ai club di Cape Town, Durban e Johannesburg mentre vigoroso è stato l’impulso fornito al movimento sonoro sia dal naturale nomadismo dei jazzisti che dall’etichetta Blue Note Africa.

Le ha dato vita la Blue Note di Don Was collocandola, per motivi storico-economici, nel Sudafrica che ha generato i Blues Notes, Abdullah Ibrahim, Hugh Masekela, Miriam Makeba, Bheki Mseleku…

Ecco qualche nome della nuova onda sudafricana: le voci di Siya Makuzeni, Omagugu, Nina Mkhize; le trombe di Robin Fassie e Ndabo Zulu; trai sax Linda Tshabalala, Linda Sikhakhane, Buddy Wells; Bokany Dyer (piano); Dylan Tabisher (vibrafono); Sibusile Xaba (chitarra); le batterie di Ayanada Sikand, Tumi Mogorosi e Asher Gamedze. Del batterista, compositore, leader e studioso Gamedze, residente a Cape Town, si parla visto che il suo terzo album Turbulence and Pulse (in origine autoprodotto) è stato rieditato dall’etichetta International Anthem, sempre attenta ai musicisti d’avanguardia, con successo di pubblico e critica.

Autodidatta e conoscitore delle multiple tradizioni sonore dell’Africa del Sud, influenzato da free, soul e r’n’r, Asher Gamedze si è formato suonando, tra gli altri, con N. Makhatini e Angel Bat David. Ben radicato in Sudafrica, ha suonato in altri stati africani (Lesotho, Malawi, Egitto), in Europa (Berlino) e negli Usa, soprattutto a Chicago.

È giunto solo nel 2020 al primo album, Dialectic Soul (nel 2022 Out Side Work, duetti con i sax di Xristian Espinoza e Alan Bishop). Turbulence and Pulse – dalle ampie note di copertina e con episodi rappati e cantati – dà spazio anche a questioni storico-politiche. Il complesso artwork è del batterista e comprende una «mappa del tempo» che spazia dall’esistenziale al filosofico.

Musicalmente solo Alibama è uno (splendido) motivo tradizionale riarrangiato; gli altri brani sono originali con una musica che (come quella di Ben LaMar Gay, con cui il batterista ha collaborato) attinge a varie fonti producendo ritmo, suono e senso assolutamente contemporanei. Il quartetto con R. Fassie, B. Wells, T. Mavimbela crea un linguaggio jazz aperto e mutante, dove trovano posto lo storytelling, messaggi di liberazione e una colorata dimensione poliritmica che evoca il miglior Mingus.