«Devono arrivare per forza in Italia? Perché non vanno in Libia?». Qualche giorno fa Manlio Di Stefano, sottosegretario agli esteri del Movimento 5 Stelle, aveva liquidato in questo modo l’affaire Sea Watch. La nave coi 40 migranti a bordo era ferma davanti alle acque italiane e Di Stefano, ingegnere e grande appassionato di geopolitica considerato da sempre vicinissimo a Luigi Di Maio, aveva pensato bene di dichiarare la Libia «porto sicuro» per togliere d’impaccio il governo. Ieri, al contrario, i senatori del M5S membri della commissione affari esteri hanno detto chiaro e tondo il contrario. Prendendo le mosse dai bombardamenti che hanno colpito i migranti in un centro di detenzione libico, i senatori grillini affermano chiaro e tondo: «È la tragica dimostrazione che la Libia in guerra non può essere considerata un porto sicuro».

La nota congiunta dei 5 Stelle auspica che le Nazioni unite e l’Unione europea evacuino «le migliaia di migranti intrappolati nei centri in zona di guerra per ricollocarli in strutture idonee gestite dall’Alto commissariato per i rifugiati Onu da cui far partire i corridoi umanitari». Solo tramite canali di accesso legali, concludono i senatori, «si prosciugherebbe la fonte di business per i trafficanti e quindi si fermerebbero anche le partenze dei barconi dalla Libia come gli sbarchi sulle nostre coste». D’altronde, da Montecitorio i deputati M5S invitano la Lega a votare una mozione per «rafforzare il controllo delle frontiere e incrementare le procedure di rimpatrio».

Sono prese di posizione contradditorie. Eppure ognuna di esse, a suo modo, può dire di rispettare il programma elettorale del M5S, che prometteva enfaticamente l’opzione «sbarchi zero» per sostenere in una versione più articolata (ma meno propagandata) la necessità dei «corridoi umanitari». Dall’altra, però, rappresenta una presa di distanza dalla linea salviniana della delegazione di governo grillina. Anche il presidente della commissione antimafia Nicola Morra ha espresso solidarietà alla gip di Agrigento Alessandra Vella, vittima di «delegittimazione figlia di una rabbia figlia di furore ideologico».

Queste differenze sono arrivate nel giorno in cui i parlamentari del M5S dovevano discutere dell’atteggiamento da assumere di fronte al decreto sicurezza bis che arriverà in aula tra un paio di settimane. Più di un senatore grillino definisce in privato quel testo «una porcheria». Alcuni stanno preparando gli emendamenti per arginare gli effetti più nefasti. Nel mirino ci sono le misure che prevedono l’accentramento di poteri al ministero dell’interno, che potrebbe disporre anche di compiti di polizia giudiziaria, e l’aumento della repressione e del controllo sui cantieri considerati strategici, visti come una misura ad hoc per contrastare i No Tav. Il rischio è che rimangano pure espressioni di testimonianza.