Una nuova lettera dal carcere racconta la sofferenza e la resistenza di Patrick Zaki: «La mia indagine è ripresa – scrive alla fidanzata – il che potrebbe significare che un giorno andrò in tribunale e avrò un processo, è molto peggio di quanto mi aspettassi. Dopo un anno e mezzo, non potevo fare a meno di pensare che avrò presto la mia libertà, ma ora è chiaro che non accadrà presto».

«Combatterò finché non tornerò a studiare a Bologna», dice Patrick, con un costante riferimento agli studi interrotti da una detenzione preventiva senza fine apparente nel peggior carcere egiziano e da accuse senza prove.

E mentre tutto tace sul fronte italiano dopo la doppia mozione parlamentare che chiede al governo di riconoscere la cittadinanza al giovane egiziano (prima il voto favorevole del Senato, poi quello della Camera poche settimane fa), ieri è stato l’europarlamentare del Pd Majorino a ricordare lo stallo: «Il governo italiano deve farsi una domanda semplice: sta davvero facendo tutto il necessario per ottenere la sua liberazione? A me non pare». Né sul fronte della cittadinanza, né tanto meno su quello del business militare (e non solo) con Il Cairo, mai interrotto.

Intanto in Egitto si fanno strada, nel muro della repressione di Stato, proteste sporadiche ma significative: i 2mila lavoratori della Lord for Industry and Trade, specializzata in rasoi, scioperano da martedì. Chiedono un salario migliore e contratti a lungo termine e non più annuali.