Con l’invasione dell’Ucraina ai giornalisti russi è vietato pronunciare la parola «guerra» e scrivere testi diversi dalla posizione ufficiale del governo. Ma non tutti si allineano ai diktat del potere. Sono oltre 250, infatti, i media indipendenti ai quali è stato bloccato il sito web, molti giornalisti sono stati dichiarati «agenti stranieri» e i giornali e le riviste per cui lavoravano etichettati come «indesiderabili». In questo clima sono diverse le reazioni: in molti hanno abbandonato la Russia per aprire le loro redazioni in Lettonia, nei Paesi Bassi, in Georgia e in altri Paesi. Ci sono invece altri che hanno deciso di rimanere in Russia. Da ricordare che nel marzo del 2023 il reporter americano del Wall Street Journal Evan Gershkovich è stato arrestato dalle autorità con l’accusa di spionaggio. È la prima volta che un giornalista americano viene arrestato dai tempi della Guerra Fredda. Da sei anni viveva in Russia, nell’ultimo si era occupato della guerra in Ucraina.
Ne parliamo con alcuni giornalisti di Proect, Dozhd, Important Stories che ci descrivono la loro vita, il loro lavoro e la censura nel paese.

«Non so come reagirei se qualcuno mi rubasse delle informazioni e minacciasse di fare male alla mia famiglia»
Yulia Lukyanova sognava di diventare giornalista dalla seconda media. All’epoca pensava che avrebbe scritto di Mosca, sua città natale, e che non si sarebbe mai occupata di giornalismo politico. Invece sei anni dopo è entrata a far parte di Proect, un media indipendente specializzato in giornalismo d’inchiesta.

«Ad ispirarmi è stato nel 2016 il Panama gate. Ho frequentato tutti i seminari di giornalismo investigativo che erano a disposizione. Quando mi sono laureata alla scuola di giornalismo, ero decisa a continuare su questa strada» spiega.
Proect si occupa soprattutto di questioni sociali, del sistema educativo, di quello sanitario e del sistema politico russo. Quando i suoi colleghi hanno iniziato a investigare su alcuni alti funzionari russi, un giorno alcuni di loro si sono visti arrivare la polizia a casa, sono stati sottoposti a fermo e in seguito rilasciati. È stata una svolta.

Nel 2012 la Russia approva una legge sugli agenti stranieri: istituisce un registro dove inizialmente entrano le organizzazioni no profit e, dal 2017, i media. Alla fine del 2020, alla lista vengono aggiunti i singoli individui. Le persone e le organizzazioni che vi vengono inserite devono dichiarare più volte all’anno le loro entrate, sottoporsi a verifiche e accompagnare tutti i messaggi di testo, video e post sui social media con una didascalia che attesti che sono agenti stranieri.
Nel 2015 viene poi approvata una legge sulle organizzazioni indesiderabili. L’obiettivo è controllare le attività che possono rappresentare una minaccia per le fondamenta e la sicurezza del sistema costituzionale russo. A queste organizzazioni è impedito di operare in Russia, pena sanzioni amministrative e penali. Lo status di «organizzazione indesiderabile» criminalizza qualsiasi repost, link di routine e soprattutto le donazioni. Una legge criticata per il suo obiettivo: reprimere l’attivismo civico in Russia e isolarlo dai suoi partner internazionali.

Il 15 luglio 2021 Proect entra nella lista come «organizzazione indesiderabile», il governo nega di fatto al sito di operare nel paese e vieta a qualsiasi russo di collaborarvi. È stato il primo media a venire etichettato in questo modo.
Yulia Lukyanova, insieme ad altri giornalisti della testata Proect, viene inserita nella lista degli agenti stranieri. In risposta la giornalista si dimette e, tre settimane dopo, lascia la Russia per timore di essere interrogata dalla polizia.
«Nessuno dei miei colleghi sapeva in quel momento cosa sarebbe successo con i giornalisti di un’organizzazione indesiderabile poiché eravamo i primi ad essere colpiti da un tale provvedimento. Potevamo andare incontro a un interrogatorio, e non so come avrei reagito se mi avessero estorto delle informazioni minacciando di fare del male ai miei famigliari» confessa.

Maria Borzunova invece collabora col canale televisivo Dozhd che nel gennaio del 2014 lancia un sondaggio in diretta col quale si chiedeva «Leningrado avrebbe dovuto arrendersi per salvare centinaia di migliaia di vite?». La domanda fece scandalo in Russia e tutti gli operatori via cavo e via satellite eliminarono Dozhd dalle loro reti. Già a marzo, il proprietario degli stabilimenti televisivi si era rifiutato di rinnovare il contratto di locazione con il canale.
A Maria non sembrava giusto. A suo parerei il sondaggio in diretta era stato utilizzato come pretesto per distruggere il canale televisivo che stava seguendo le proteste in Russia e gli eventi in Ucraina.

«La repressione del giornalismo indipendente è stata sistematica. Siamo stati periodicamente sottoposti a ispezioni senza preavviso, a minacce da parte del «Roskomnadzor» (l’Agenzia esecutiva federale russa responsabile del monitoraggio, del controllo e della censura dei mass media) e durante una delle nostre trasmissioni la polizia è venuta a interromperci e a interrogarci» racconta.

Nell’agosto 2021 il Ministero della Giustizia ha inserito Dozhd nel registro degli «agenti stranieri» e nel marzo 2022 «Roskomnadzor» ne ha bloccato il sito web. Con la guerra in Ucraina, come ha scritto Agentstvo, almeno 150 giornalisti hanno lasciato la Russia. Ora Maria gestisce un proprio canale personale.

Il 5 marzo, la Procura generale ha dichiarato anche la testata Important Stories «organizzazione indesiderabile». La giornalista Alesya Marokhovskaya che vi lavorava dal 2020 è stata inserita nel registro degli agenti stranieri.
«Quando ero a Mosca, ho rispettato la legge sugli agenti stranieri: ho affisso cartelli, ho inviato rapporti, ho cercato di seguire le regole per rimanere in Russia il più possibile e fare il mio lavoro. Dopo che il nostro giornale è stato dichiarato indesiderabile, ho mandato tutti a quel paese e ho deciso che non avrei più fatto questi giochetti», dichiara.
Alesya ha lasciato la Russia il 1° marzo, in contemporanea il caporedattore di Important Stories è stato avvisato che la presenza di agenti stranieri in Russia non era raccomandabile. Maria Borzunova invece è fuggita il giorno successivo, per timore del carcere che spetta ai giornalisti che «oltrepassano il limite».

Con un’altra legge, varata il 4 marzo 2022, la Duma di Stato prevede sanzioni penali e multe salate per chi diffonde informazioni consapevolmente false sull’esercito russo.
In Russia è quindi vietato scrivere dell’uccisione di civili, del bombardamento di obiettivi civili in Ucraina e della morte dei militari russi. La violazione della legge prevede fino a 15 anni di carcere: diverse decine di persone stanno già scontando la pena. Gli imputati hanno ripetutamente denunciato torture, violenze, minacce, pressioni e maltrattamenti da parte delle forze di sicurezza.
Nello stesso giorno, la Duma ha anche vietato il discredito delle Forze Armate. Per la prima violazione è prevista la responsabilità amministrativa, per la reiterazione la responsabilità penale. In particolare, i tribunali stanno multando le persone che chiamano «guerra» la guerra in Ucraina piuttosto che «un’operazione militare speciale», coloro che mettono like sui social network a post e commenti. Per questo sono già stati avviati almeno 5.846 procedimenti amministrativi e 49 penali.

In totale, almeno 34 giornalisti sono stati coinvolti nel «caso antiguerra». Ad esempio, la giornalista Maria Ponomarenko è stata condannata a sei anni di carcere per il suo post sulla distruzione del Teatro Drammatico di Mariupol.
«Prima ancora che venissero approvate le leggi sul discredito e sui falsi, girava voce che ci sarebbe stato un articolo che prevedeva il carcere per tutti i giornalisti che coprono gli eventi in modo obiettivo. In molti hanno tentato di fuggire prima dell’approvazione di questa legge. Solo ora ripensandoci ho capito che per le autorità era importante spingere tutti i giornalisti indipendenti fuori dalla Russia nella prima settimana», sottolinea Borzunova.

639 persone, organizzazioni no-profit e non governative sono state aggiunte al registro degli agenti stranieri – metà delle quali dall’inizio della guerra di Ucraina. Nuovi agenti vengono aggiunti ogni venerdì e sono 94 le organizzazioni e i media inseriti nella lista delle organizzazioni indesiderate, un terzo delle quali dall’invasione russa in Ucraina.
Nonostante la difficoltà, molti giornalisti anziché fuggire scelgono di rimanere in Russia. Vasily Romensky è uno di loro. Negli ultimi sei anni ha lavorato col canale televisivo Dozhd.

«Ho capito che un gran numero di russi non vuole e non può lasciare la Russia: sono nati qui, non hanno soldi, non conoscono le lingue straniere. Con la mia presenza, lancio loro un barlume di speranza, anche se per me è difficile rimanere» sottolinea.
Per lui il 24 febbraio 2022 non ha cambiato nulla nella vita dei reporter russi. «Le leggi sulla censura esistevano già, solo che prima di tale data non erano destinate a chiunque, ma nei confronti di chi, ad esempio, scriveva di terrorismo e contro il Ministero della Difesa» aggiunge.

Yulia Lukyanova, Alesya Marokhovskaya e Maria Borzunova sognano di tornare in Russia ma solo dopo che nel paese verrà abolita la censura. Yulia è certa che la dittatura cadrà solo con la morte di Vladimir Putin e spera di poter scrivere il reportage del suo funerale.

Vasiliy Romenskiy è sicuro che in Russia ci sono e ci saranno sempre giornalisti che proseguiranno il loro lavoro. Allo stesso tempo, però, ammette la possibilità di dover partire nel caso in cui corra il pericolo reale di finire in prigione: «Voglio evitarla, perché mi sarebbe impossibile lavorare dal carcere» l’amara conclusione.