Era il 1972, ero un bambino e nello stabile dove vivevo, a piazza Vittorio, a Roma, arrivò una famiglia, padre, madre e due ragazzini poco più piccoli di me, che parlavano con un accento strano per chi, come il sottoscritto, era abituato al romanesco o, al limite, a qualche idioma regionale dei dintorni. Con quei due ragazzini “strani” in poco tempo siamo diventati più che amici, quasi inseparabili, mentre il rapporto si estendeva anche alle famiglie, con Paola – la mamma – legatissima a mia nonna. Il tempo passa e alla soglia dei vent’anni, finita la scuola, avevo bisogno di...